Gli anni ’80 sono stati un crogiolo d’arte, grazie a dei mezzi sempre migliori, dovuti alla tecnologia che ha accelerato d’improvviso. Con un tale humus, non deve stupire il balzo che si è espresso attraverso la musica, il cinema e anche i cartoni animati.

di Paolo Merenda

Ovviamente, alcuni cartoni animati risalgono alla fine degli anni ’70, ma va da sé che il cambiamento non c’è stato da un giorno all’altro, mentre è montato pian piano. Il ruolo della televisione è stato però determinante per far arrivare in Italia un numero di cartoni animati (al tempo “anime” era ancora di là da venire, tranne negli ambienti specialistici) mai visto prima.

Ho già parlato dello sport nei cartoni animati degli anni ’80, ma non era il solo topos presente: due molto diffusi erano anche le bambine che crescevano in montagna senza conoscere la civiltà che avanza, e i maghi o le maghe, o chi per altri motivi aveva poteri magici.

Quest’ultima tipologia funzionava per un motivo particolare: i bambini, davanti a tanti input diversi sullo schermo e non solo, volevano diventare grandi, e quasi sempre la magia negli anime passava dalla trasformazione nei cartoni. Da 10-11 anni circa (l’età di molte protagoniste), con una piroetta, una formula magica e tanta luce, diventavano 16-17enni “a tempo” e potevano fare tante cose precluse alle loro se stesse piccine.

Ma quali erano i titoli più forti, quelli con maggiore presa? Esistono due sottogeneri, chi nasce con poteri magici e chi li acquisisce, a volte non per sempre ma per un tempo ben definito. Del primo sottogenere, degli esseri soprannaturali più che maghi, citiamo Ransie la Strega, figlia di un vampiro e di una lupa mannara, che ha facoltà prodigiose dalla nascita. In realtà, più che una maga o strega è una vampira, infatti un modo per usare i suoi poteri è mordere la vittima per prenderne le fattezze. La cosa che mi ha colpito, più che l’humour serpeggiante, pronto a esplodere in ogni scena nonostante ci sia anche una storia d’amore nella trama che dovrebbe rendere serio il ritmo, è la velocità del suo successo: l’autrice del fumetto, il manga, Koi Ikeno, pubblica nel luglio 1982 in terra nipponica il primo (di 30) numeri su Ransie. Il 7 ottobre dello stesso anno va già in onda l’anime sulle reti del Giappone, e circa un anno dopo il primo episodio in Italia. Molti altri sono i titoli, come Nanà Supergirl, Bia la sfida della magia, È quasi magia Johnny (l’unico esempio maschile ad alti livelli), La maga Chappy, la più recente (anni ’90) Sailor Moon e altri.

Le maghe vere, come detto, erano quelle che ricevevano i poteri da strani esseri (spesso la scelta dava anche il gancio alla trama per affiancare alle giovani protagoniste buffi animali nel ruolo di famigli).

Annunci

Grazie alle sigle di Cristina D’Avena, sinonimo di garanzia da decenni, il primo esempio che mi viene in mente è L’incantevole Creamy, composto da 52 episodi. Questo varrebbe un articolo a parte, ma cerco di sintetizzare la mole di notizie, alcune particolarissime, legate all’anime. Anime che, caso raro fino a un certo punto (tra poco ci arrivo), è nato prima del manga: se il cartone animato è andato in onda per la prima volta in Giappone nel luglio 1983 (e fino al giugno dell’anno successivo) mentre in Italia nella prima metà del 1985, il fumetto vede la luce nel 1984 in Giappone (e arriverà in Italia solo nel 1999). Il fumetto prende, quindi, le mosse dal cartone, e non viceversa. Ma di cosa parla? Yū Morisawa (nella versione italiana Creamy) salva una nave di un altro pianeta che si presenta come sfera, e come ringraziamento riceve un portacipria che terrà per un anno, oltre a due esseri sotto forma di gattini, i classici famigli, con il portacipria da cui esce una bacchetta magica dopo aver detto una formula precisa. Creamy usa la magia e si trasforma in una sedicenne, adocchiata da Shingo Tachibana (in Italia Jingle Pentagramma) che vuole renderla la nuova icona pop, spodestando Megumi Ayase (in Italia Duenote: splendidi i nomi italiani, non trovate?). Sia la sigla che le numerose canzoni di Creamy sono cantate, manco a dirlo, da Cristina D’Avena.

Una parentesi a parte la merita il numero di episodi: se avete letto l’articolo sullo sport nei cartoni animati anni ’80, avrete notato 26 o suoi multipli (52, 104 e così via). Questo perché molti contratti televisivi, prima che Netflix fosse anche solo un’idea, erano tarati su 6 mesi, un anno, un anno e mezzo, due anni. Dato che la puntata era settimanale, si trasformava in un contratto da 26, 52, 78 o 104 puntate.

Magica magica Emi (prima tv nipponica giugno 1985, prima italiana agosto 1986, e infine primo fumetto, quindi seguente al cartone, agosto 1985) riguarda la protagonista, Emi, dieci anni, che vuole fare trucchi di magia come i nonni. Un giorno vede una sfera, la raggiunge quando si tuffa in uno specchio a forma di cuore (quasi un portacipria), e scopre che usandolo diventa una sedicenne che sa usare la magia, facendo diventare i suoi numeri celebri e dandole fama. Il suo famiglio, stavolta, è uno scoiattolo. Vi dice qualcosa la trama, forse punti in comune con Creamy? Non è un caso, e nemmeno che pure qui il cartone sia giunto prima del fumetto. Le menti dietro Emi sono le stesse di Creamy, ovvero lo Studio Pierrot, fondato nel 1979, responsabile di Lamù ma anche della serie di bambine magiche, ovvero le due già citate, poi Sandy dai mille colori, Evelyn e la magia di un sogno d’amore e Fancy Lala. In pratica, il sottogenere mahō shōjo, tradotto ragazza magica, e destinato a un pubblico femminile, probabilmente non sarebbe esploso senza di loro. Non manca un crossover pazzesco tra tutte queste ragazze magiche nel corso degli anni, ma questa è decisamente un’altra storia.

Annunci

Evelyn e la magia di un sogno d’amore, come abbiamo detto, è stato creato sempre dallo Studio Pierrot, ed è arrivato sulle tv giapponesi nel luglio del 1984 e su quelle italiane nel settembre 1985. Lo spunto sembra provenire da La storia infinita, dato che Evelyn, 11 anni (si trasformerà in una ragazza di 17 anni, per mantenere il salto di 6 anni), deve usare il cerchietto magico che ha come fermacapelli per salvare una dimensione parallela, Lonely Dream (Sogno d’Amore nella versione italiana). Lonely Dream è in pericolo perché la principessa Fairy, a capo della dimensione parallela, per una delusione d’amore si rinchiude in un blocco di ghiaccio, rischiando di portare con sé tutto il suo mondo.

Sandy dai mille colori (la quarta creazione dello Studio Pierrot, il cui ordine cronologico è Creamy, Evelyn, Emi e appunto Sandy, per finire con Fancy Lala) vede la luce, compresa quella italiana, quasi tutto nel 1986: marzo la prima tv nipponica, agosto il primo manga, gennaio 1987 la prima italiana. Dopo aver salvato un fiore, due folletti regalano a Sandy i classici oggetti che le permetteranno di fare magie, un ciondolo e una bacchetta, pur non diventando adolescente quando li usa, ma rimanendo bambina. L’autocitazione arriva quando Sandy nota una perdita dei propri poteri in concomitanza con l’inizio del freddo nella sua città, con tanto di nevicata, e scopre che la dimensione da cui vengono i folletti, piena di fiori, è colpita dal gelo e dalla neve dopo che la loro regina si è addormentata in un tulipano e non vuol saperne di svegliarsi e uscire, sfuggendo così al mondo ma rischiando di farlo collassare, e con esso quello di Sandy.

Annunci

Chiudiamo con Lulù l’angelo tra i fiori, capostipite del genere mahō shōjo, seppur non altrettanto famoso rispetto agli anime già citati. Con l’esordio in Giappone nel 1979 e quello in Italia nel 1981, è non solo il primo, ma anche quello da cui Sandy ha preso di più: Lulù, amante dei fiori, viene avvicinata da due folletti (giuro, è proprio così) che però prendono forma di un cane e un gatto parlanti, e le rivelano intanto chi erano i suoi genitori, dato che la bimba è orfana e vive coi nonni, come nelle migliori tradizioni di manga e anime nipponici. Lei è l’ultima discendente del mondo dei fiori che si trova in grave pericolo, perché senza il Fiore dei sette colori non si potrà avere la discendenza al trono, e se non ci sarà entrambi i mondi, sia quello dei fiori che quello in cui vive Lulù rischieranno di scomparire. Con l’aiuto della magia, parte quindi alla volta del fiore che potrà salvare tutti coi famigli, ma avranno dei nemici alle calcagna. A produrre il cartone, la Toei Animation, fondata addirittura nel 1948, in un’incursione nel genere femminile (ma nel suo catalogo c’è anche Candy Candy, Lalabel, Kiss me Licia e altri), dato che è più famoso per praticamente tutti i robottoni (Jeeg Robot, Il Grande Mazinger, Goldrake, Danguard, Daltanious, God Sigma, e finanche L’Uomo Tigre, Ken il Guerriero e la lista potrebbe continuare).

La magia, quindi, declinata in vari modi, ma tutti riconducibili al fatto che può salvare i mondi e far sbocciare l’amore, a volte ottenendo entrambi i risultati nello stesso istante.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: