Viaggio e cultura, un binomio che in Italia trova alcune delle più alte rappresentazioni. Un esempio fulgente, la città di Firenze.

di Paolo Merenda

Mi piace molto Dan Brown, creatore del personaggio di Robert Langdon, professore dalla vastissima cultura. Quindi al tempo (è del 2013) mi approcciai al suo romanzo Inferno con fiducia. Poi uscì il film, che ne rovinò in parte il messaggio, e come accade spesso anche a Stephen King , il libro è di gran lunga meglio del film (nella fattispecie, di Ron Howard, volto storico di Happy Days). Comunque sia, almeno sul libro non fui smentito, ma alcune pagine erano un po’ lente: in particolare quando il professore entrava in musei, chiese storiche e luoghi simili a Firenze. Ho compreso il motivo di queste digressioni subito, perché precedentemente avevo già visitato appunto Firenze e i suoi luoghi d’arte: il fascino della storia, la bellezza di questi luoghi non si ferma a tale quadro in tal museo, ma tutto è arte. L’Italia, come detto da più esperti, è un immenso museo a cielo aperto.

Quindi, non sto vivendo il blocco di alcuni paesi esteri, tra cui la Grecia, come un limite a ciò che si può fare questa estate. Anche perché, e qui il discorso sarebbe più ampio, non è una grande idea vivere focalizzandosi sul problema, magari piangendosi addosso, giusto per esser sicuri di diventare tristi, invece di pensare a come risolverlo con ciò che si ha a disposizione.

Non so con precisione dove andrò in futuro, ma ricordo Firenze e potrei decidere di tornarci, anche per vedere con nuovi occhi il Palazzo Vecchio. Una delle maggiori ambientazioni usate da Dan Brown nel libro Inferno è appunto quella. Parliamo, ragazzi, del pezzo di storia davanti al quale c’è stato per tre secoli e mezzo l’originale di un altro pezzo di storia, il celeberrimo David di Michelangelo (a cui a volte vorrebbero coprire il pipino, ma anche questo è un discorso più ampio da fare).

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Il David di Michelangelo, ultimato nel 1504, è stato lì fino al 1873, quando poi è stato spostato alla Galleria dell’Accademia. Nel 1910 sullo stesso piedistallo è stata posta una copia fedele all’originale, per ricreare con l’altra statua all’ingresso, Ercole e Caco. Michelangelo Buonarroti e Baccio Bandinelli danno quindi il benvenuto in una struttura magnifica e da visitare per settimane, giorno e notte.

Una delle sale più rappresentative che visitai, non a caso scelta anch’essa per il libro Inferno, è il Salone dei Cinquecento, chiamata così perché costruita in origine, nel 1494, come sede del Consiglio Maggiore costituito appunto da 500 membri. Qui tutto ti scruta e ti ammalia, dalle statue sulle Fatiche di Ercole, ai pannelli sul soffitto realizzati da Giorgio Vasari, fino addirittura a quello che non c’è più: il palazzo contiene talmente tanta arte che, in uno dei lavori di rifacimento del salone (datato seconda metà del XVI secolo), si sono potuti permettere di coprire un’opera di Leonardo Da Vinci e una di Michelangelo per far spazio ad altre.

Ma, se siete amanti degli spazi aperti, ci sono anche i cortili, ovviamente anch’essi ricchi di dipinti, bassorilievi e tanto altro. Inoltre, una volta finito il giro culturale? Be’, spero di non dovervi dire io che lì, ma anche in moltissime altre parti d’Italia, si mangia divinamente. In Italia tutto è arte, ricordate? Anche il cibo.

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