Giorgio Perozzi è il personaggio interpretato da Philippe Noiret in Amici miei.
Qualche giorno fa vi parlavo della grande stagione delle co-produzioni italo-francesi, di cui faceva parte La grande abbuffata. Uno degli attori francesi di spicco in queste produzioni fu Philippe Noiret, un gigante del cinema internazionale, che ha dato vita, tra gli altri, a Giorgio Perozzi, il fittizio caposervizi de La Nazione, che poi è uno dei quattro protagonisti di Amici miei di Mario Monicelli.
Com’è il Perozzi? È uno che ama gli scherzi, a cui piace stare con gli amici di sempre, a cui piacciono le donne… e i cornetti. Forse, se lo vedessimo oggi per la prima volta con occhi moderni, ci apparirebbe nel migliore dei casi un personaggio misogino. Ma quello che sicuramente vale, oggi come ieri, è che il Perozzi era, in un certo senso, un pessimo giornalista. O quanto meno lo è stato almeno una volta nella sua vita.
Il Perozzi ha sicuramente fatto una buona carriera con merito: probabilmente aveva un grande talento, perché a un certo punto è diventato capocronista e questa è una cosa per cui si fa spesso una lunga gavetta. Ma c’è una scena in particolare, che ci mostra il Perozzi alle prese con un’uso privato del mezzo giornalistico. Quando cioè “fa morire” l’amante Anita Esposito, per poter far tornare a casa la moglie Laura, che se n’era andata via lasciandogli il figlio giudicante e puntiglioso Luciano. Non solo è un problema di onestà che il Perozzi faccia questo: inventa una notizia falsa a scopi personali. Ma c’è anche dell’altro, perché inficia il rapporto di fiducia che ci dovrebbe essere tra giornalista e lettore.
Viviamo però in un mondo in cui i giornalisti sono malvisti. Tanto che ogni anno viene stilata una classifica che indica quanto la libertà di stampa sia sul pianeta una merce assai rara in molte nazioni. E dubito fortemente che sia a causa del Perozzi che sia venuto meno questo rapporto di fiducia. Certo, il sistema giornalistico in alcune nazioni presenta delle falle e dei circoli viziosi, ma anche avere solo la possibilità e la prospettiva di una stampa libera è secondo me un dono.
Non è quindi colpa del Perozzi. Che a me, tralasciando la misoginia, piace un sacco e al di là di questa, chiamiamola, défaillance. Perché in un Paese in cui i giornalisti sono odiati, minacciati e ricattati, quel piccolo grande scherzo del Perozzi è una sorta di rivincita. In fondo, il nome dell’amante l’aveva scritto nel corpo del testo, e un sacco di gente si ferma invece ai titoli.