In occasione dell’anniversario della morte di Steve Jobs, parliamo di uno dei biopic a lui dedicati e diretto da Danny Boyle.

Nove anni fa scompariva Steve Jobs, il visionario ex Ceo di Apple cui dobbiamo gran parte delle rivoluzioni della nostra vita quotidiana (della mia almeno, dato che sono un’Applemaniaca). Ho cercato spesso di immaginare come fosse Steve Jobs nella vita quotidiana e in effetti mi sono ritrovata a vedere il biopic Jobs con Ashton Kutcher, ma devo ammettere che non mi ha entusiasmata. Per cui quando ho visto che, poco dopo, era stato realizzato il biopic Steve Jobs, mi ci sono approcciata con un bel po’ di pigrizia, benché il regista fosse Danny Boyle. Mi sono però dovuta ricredere.

In parte, con Steve Jobs, che tra l’altro è stato candidato a due premi Oscar, mi sono dovuta ricredere perché ci ho trovato un cast eccezionale, composto da Michael Fassbender nel ruolo del protagonista, Kate Winslet, Jeff Daniels, Michael Stuhlbarg, la fantastica Perla Haney-Jardine (B.B. in Kill Bill) e Seth Rogen nel ruolo di Steve Wozniak.

La storia ha a che fare con tre momenti difficili della vita di Jobs, quando cioè è in procinto di raggiungere degli importanti punti fermi nel suo lavoro informatico, ma ci sono una serie di ostacoli da affrontare all’ultimo momento. Uno di questi ostacoli è di natura personale, e ha a che vedere con Lisa, la figlia della sua ex, della quale lui continua a negare la paternità. Il film non chiarisce se in effetti Lisa sia figlia o no di Jobs, ma afferma come lui abbia avuto per lei sempre un posto speciale nel proprio cuore e viceversa. E ci presenta Jobs come una persona non proprio fantastica nel rapporto con i propri collaboratori, ma tant’è: parliamo di un film, di invenzione, e ormai Steve Jobs non è più tra noi per dirci come stiano davvero le cose.

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Per questo Steve Jobs è una brutta fiaba: non ripercorre in maniera agiografica la vita del Ceo di Apple, ma ci mostra quello che forse è un suo lato completamente inedito e inaspettato per lo spettatore. Nel film Jobs è freddo e lucido, ma al tempo stesso sembra avere un solo obiettivo, ossia il successo dei suoi prodotti. Ma al tempo stesso questa brutta fiaba, ha un lieto fine: per lo spettatore Jobs risulta essere comunque un vincente, un uomo da ammirare, che lascia però un interrogativo in sospeso. Alla fine del film ci si chiede infatti: possibile che Jobs ci abbia mostrato solo dei lati della sua immagine, come pure pare abbia fatto con i suoi collaboratori, nel bene e nel male?

Be’, immagino che questo si possa dire di qualsiasi personaggio celebre, specialmente se, come per Jobs, è stata costruita in vita, intorno alla sua figura una determinata aurea (anzi, a volte addirittura un’aureola).

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