La battaglia del burro del Dr. Seuss è un libro per bambini che spiega l’inutilità della guerra.
Da un lato gli Zighi, dall’altro gli Zaghi. Da un lato chi imburra il pane di sotto, dall’altro chi imburra il pane di sopra. Così, i Paesi degli Zighi e degli Zaghi decidono di erigere un muro tra i loro territori. Ma la paura inizia a crescere e così ognuno dei due popoli inizia a sfoggiare armi sempre più ardite e fantasiose, fino a giungere a una pericolosissima bomba che potrebbe distruggere tutto e tutti. Parla questo il livello letterale de La battaglia del burro, una delle storie in rima del Dr. Seuss. Ma in realtà parla d’altro.
La battaglia del burro è stata scritta nel 1961, in piena Guerra Fredda. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i vincitori si spartirono la perdente Germania, dividendola in 4 zone di influenza. L’“amicizia” tra le quattro nazioni vincitrici non sarebbe durata a lungo: da una parte si trovava l’Unione Sovietica, governata dalla dittatura stalinista, dall’altra tre nazioni che in modo diverso (opinabilmente diverso) erano e sono governate da democrazie rappresentative. Nel 1949 sarebbe sorto il Patto Nato, seguito nel 1955 dal Patto di Varsavia: iniziava così la Guerra Fredda che avrebbe opposto per decenni Usa e Urss, portando il pianeta spesso sull’orlo dell’apocalisse atomica.
Così il Dr. Seuss mi immagino abbia pensato: se riuscissi a raccontare questa storia ai bambini perché sia di insegnamento, affinché i piccoli capiscano che non devono erigere muri (come quello di Berlino, ma anche qualche altro muro di estrema attualità) ma costruire ponti? La battaglia del burro racconta effettivamente questo ed è molto efficace nel farlo, tanto che al lettore ingenuo può venire di pensare: ma se è così facile spiegare l’inutilità dell’odio e della guerra ai bambini, perché non riescono a capirli gli adulti? È un bell’interrogativo, ma forse quegli adulti nella stanza dei bottoni non hanno mai letto il Dr. Seuss.
Non si tratta solo di generico odio e di guerra, La battaglia del burro tratta anche dei razzismi e dei nazionalismi e lo fa con una metafora davvero potente, ossia quella del burro: quanto una sciocca tradizione può rappresentare uno iato tra due culture? Può portare le persone a guardarsi in cagnesco, a odiarsi, a uccidersi gli uni con gli altri? La battaglia del burro non ha un finale, ma lo lascia intendere al lettore: se si decide di lanciare la bomba il mondo finirà, se si decide di dare tregua alla guerra di sguardi forse invece c’è ancora una speranza per l’umanità.
E io credo che questo libro lo dovremmo leggere tutti, grandi e piccini. Non solo per capire l’inutilità della guerra, ma anche quella del contrasto, della lite, dell’incomunicabilità.
Se c’è una cosa, tra l’altro, che la legge di Murphy ci ha insegnato è che non ha importanza su che lato imburriamo il pane. Se ci cade per terra, cadrà sempre dalla parte del burro.
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