La forza della canzone, e del videoclip, Stan di Eminem (con Dido), ha reso il pezzo ormai un classico, a 20 anni dall’uscita.
di Paolo Merenda
Lodato da un premio Nobel alla letteratura, vincitore di un Premio Oscar nel 2003 per miglior canzone, Lose Yourself, dal film 8 Mile, praticamente una pellicola su di lui, inoltre vincitore di diversi dischi di diamante (in America vengono dati alla fantasmagorica quota di 10 milioni di copie vendute, 20 volte l’attuale soglia italiana, 500.000 copie), di diversi Grammy Awards e vincitore del premio Global Icon (prima di lui, i Bon Jovi, i Queen e Whitney Houston, e dopo di lui Ozzy Osbourne e i Duran Duran, tra gli altri). Tutto ciò e molto altro è Eminem, un artista che ha fatto delle provocazioni un marchio di fabbrica, seppur condite da un certo grado di ironia e autoironia. Fin dai suoi esordi del 1996 sono stati notati i testi, coraggiosi e talvolta scurrili, ma con una forte componente artistica.
Del 1999 è l’album The Slim Shady LP e solo un anno dopo The Marshall Mathers LP, due titoli che giocano sul suo pseudonimo (il primo dei due) e sul suo vero nome (il secondo), Marshall Bruce Mathers III. Da The Marshall Mathers è stato tratto un singolo che ha contribuito a cambiare in meglio la carriera di Eminem, Stan. Come affermò in alcune interviste, l’artista scrisse la canzone prendendo spunto dalle lettere più estreme che gli arrivavano dai fan, anche se nessun caso come quello del videoclip gli sono successe sul serio. E per fortuna, aggiungo: molto bello il gioco dei rumori di fondo del pezzo, ma fanno entrare anche l’ascoltatore nella storia malata del fan pazzo. La follia che si dipana nel suo fan Stan emerge lettera dopo lettera, fino a quando nel finale fa del male ai suoi cari perché la star, Eminem, non può dedicargli tutto il tempo che il fan vorrebbe.
Vocalmente, ci sono due cose davvero degne di nota in Stan: la prima è la partecipazione di Dido, che copre le parti femminili del testo e il ritornello, una voce soave che stacca dalla follia delle lunghe strofe, un respiro che ci vuole. La seconda è il modo in cui Eminem stesso canta, con una voce più nasale e rotta qua e là quando “legge” la lettera del fan, e una più matura quando è il disincantato cantante Eminem, che soffre nel vedere un fan ridursi così, offrendogli aiuto. Mi viene un paragone, nemmeno troppo azzardato dato che è stato associato nel premio come icona ai Queen del mostro sacro Freddie Mercury, con Cat Stevens e il suo successo Father and Son: anche lì due voci diverse, dello stesso cantante, per interpretare a turno il padre o il figlio.
Piccola nota sul video in sé: l’attore che interpreta Stan è Devon Sawa. Non un pivellino, dato che ha recitato in Final Destination, nel successo di pubblico Fuori di cresta di James Merendino, in Escape Plan 3 con Sylvester Stallone (nel ruolo centrale del villain, fra l’altro) e molti altri film.