Ho appena concluso la visione della quarta stagione di The Crown e ve ne parlo, ma attenzione che questo post è pieno zeppo di spoiler.
Ogni persona in questo sistema è un estraneo, smarrito, solitario e irrilevante. Tutti a parte quella persona, l’unica e sola che conta. Lei è l’ossigeno che respiriamo, l’essenza del nostro dovere.
Sono le parole che il Principe Filippo di Edimburgo pronuncia a Lady Diana nell’ultimo episodio della quarta stagione di The Crown. Devo dire che questa è stata finora la mia preferita, per molte ragioni: i temi affrontati, la colonna sonora, ma in particolare ho apprezzato che si parlasse di un’era anagraficamente vicina a me, della quale ho potuto scoprire cose nuove. Per esempio, avevo una serie di aspettative – come la morte di Lord Mountbatten, che in effetti accade nel primo episodio – e alcune sono state soddisfatte e altre no.
Interessante è come nel cast abbiano fatto capolino nuovi attori e nuovi personaggi, tra cui Gillian Anderson nel ruolo di Margaret Thatcher. Tra le guest star ci sono Tom Brooke (già visto in I Love Radio Rock), nel ruolo dell’intruso a Buckingham Palace Michael Fagan, e Gemma Jones («non c’è bisogno di filtrare la salsa, basta mescolarla Una») nel ruolo di una psicoterapeuta. E ha fatto capolino anche qualche attore del passato cast: naturalmente mi riferisco a Claire Foy, protagonista di un flash forward in cui la Regina Elisabetta II pronuncia un discorso in Sudafrica durante il suo viaggio del 1947. Senza nulla togliere alla fantastica Olivia Colman (quale attore non è fantastico in questa serie?), Foy ci mancava, e tanto.
Ho accennato alla questione della colonna sonora. In effetti è stato un gancio eccezionale per lo spettatore appartenente alla Generazione X. Tra i brani che abbiamo percepito ci sono Call Me di Blondie, Boy’s Don’t Cry dei Cure, Can’t Take My Eyes Off You di Frankie Valli, Let’s Dance di David Bowie ed Elegia dei New Order. Ma ciò che è spettacolare è Girls on Film dei Duran Duran nella scena in cui Diana pattina a Kensington Palace (la mia scena di pattinaggio non competitivo preferita in una serie tv, dopo quella di Peggy Olson in Mad Men).
I temi affrontati da The Crown 4 sono i più vari: ci sono quelli storici, e si va dagli attentati dell’Ira alla crisi del Golfo Persico, passando per la guerra delle Falkland. La stagione copre un arco di poco meno di 12 anni, ossia il tempo in cui Thatcher è stata primo ministro britannico. La leader del partito conservatore non è risparmiata alle critiche tra l’altro: ne viene sottolineata una particolare misoginia (ereditata da pregresse esperienze famigliari), l’attaccamento al figlio cui avrebbe impartito insegnamenti sbagliati (come per esempio non ringraziare la squadra di soccorso), l’insensibilità verso i negletti e i poveri (dall’opposizione alle sanzioni contro l’apartheid all’inflazione causata dalle proprie scelte politiche). Stranamente si è glissato sulla tristissima situazione dei minatori. La versione agrodolce di quo fatto storico però potete vederla nel biopic Pride.
Emergono inoltre due fatti interessanti che mettono sulla graticola la Royal Family ancora oggi. La Principessa Margaret scopre, mentre si approccia a un percorso di psicanalisi, che cinque sue cugine sono chiuse in una casa di cura per malati mentali: crudelmente, la famiglia le aveva confinate lì, per la vergogna che intorno agli anni ’60 (quando le donne della famiglia Bowes-Lyon furono internate) circondava i disturbi mentali. Questa è una delle storie che non conoscevo: mi sarei aspettata un epilogo differente, tipo che Margaret le avesse incontrate o avesse deciso di lottare contro lo stigma che circonda la malattia mentale, ma niente.
The Crown fa inoltre un velatissimo riferimento ai presunti rapporti tra il Principe Andrea e Jeffrey Epstein. Per chi non ha seguito la vicenda, Epstein è stato un imprenditore miliardario che, accusato di sfruttamento della prostituzione e abuso di minori, si è suicidato in carcere. Da allora ci si chiede di quale natura siano stati i presunti rapporti tra l’imprenditore e il principe, che viene accusato a sua volte da una donna che, all’epoca minorenne, fu una delle schiave sessuali di Epstein. Nella serie Netflix, durante un dialogo con la madre, il personaggio di Andrea mostra di avere una morale confusa su ciò che riguarda il sesso con le minorenni, almeno all’interno di un’opera teatrale. È fiction, invenzione, naturalmente, è una serie tv. Però, ecco, diciamo che una frecciatina al duca di York è stata lanciata.
Siete arrivati fin qui e pensate che l’articolo sia finito. Io lo so cosa stavate aspettando: che parli del Principe Carlo e Lady Diana. La coppia, che avrebbe dovuto essere al centro della seconda stagione di Feud di Ryan Murphy, ha sempre fornito un’immagine particolare del suo menage famigliare. Guardando The Crown molto di quello che sapevamo cambia.
Cambia perché riusciamo a vedere come, nonostante tutto, Carlo e Diana ci abbiano provato a essere felici. Ma non è facile quando si vive una tale situazione in cui si è costantemente sotto i riflettori: uno scivolone può essere fatale e imperdonabile. Inoltre, guardando The Crown non si parteggia mai per l’uno o per l’altra, ed è giusto così: il loro matrimonio è andato a monte e le responsabilità sono di entrambi in questi casi. Ma c’è anche dell’altro, ossia l’impressione che Carlo abbia contribuito in prima persona, volontariamente o involontariamente alla costruzione dell’agiografia su Diana.
In ogni caso, in un panorama televisivo in cui brillano poche stelle resta una certezza: non vedo l’ora che esca la quinta stagione (con recast, tra l’altro).