La magia di Parigi in un film di Woody Allen pieno di sogni, di arte e di ironia: ecco Midnight in Paris.
Parigi è una città incredibile. È una città di contraddizioni, culla a un tempo dell’Illuminismo e del Romanticismo. È mente e corpo. È un luogo attraversato dalle acque in cui è passata arte e cultura e dove ancora restano tracce di quel passaggio. Woody Allen deve aver pensato a questo e ad altre cose quando ha scritto Midnight in Paris. Purtroppo, in un certo senso, credo che Allen abbia scritto il personaggio del protagonista, Gil Pender, per interpretarlo lui stesso: per sopraggiunti limiti d’età ha dovuto delegare e così Owen Wilson, che nella sua carriera precedente aveva ricoperto ruoli significativi, ma nell’immaginario collettivo era considerato la spalla di Ben Stiller o l’immancabile tassello nelle commedie corali di Wes Anderson, ne è diventato il trasognato protagonista.
Owen Wilson è un bravo protagonista. Forse in Midnight in Paris non dà il meglio di sé proprio perché sembra chiaro che il ruolo non era stato scritto per lui, ma quel suo sguardo incredulo e l’espressione allampanata è indubbio abbiano contribuito al successo di un film situato in una filmografia di Allen al declino, sebbene ancora capace di regalarci delle perle.
Midnight in Paris, dicevamo, è un film su quello che ci rischiamo di perderci nella vita. Ci sono cose che rischiamo di perdere se decidiamo di adagiarci in un presente mediocre. Ci sono cose che, parimenti, rischiamo di perdere se aneliamo a una mitica età dell’oro che forse non è mai esistita. Tra dialoghi esilaranti e monologhi poetici, Allen ci trascina tra le strade di Parigi di notte, per presentarci Ernest Hemingway, Zelda e Francis Scott Fitzgerald, Cole Porter, Gertrude Stein, T.S. Eliot e vari personaggi (tra cui un’assolutamente riconoscibile Josephine Baker). Nel cast, accanto a Wilson, ci sono Rachel McAdams, Marion Cotillard, Lea Seydoux, Kathy Bates, Adrien Brody, Tom Hiddleston, Alison Pill.
Riconosco che questo potrebbe non essere il miglior film di Allen, ma vi sono particolarmente affezionata. Un po’ perché andai a vederlo al cinema, da sola, nel giorno del compleanno del Maestro, un po’ perché ho sempre amato Parigi e credo che sia il cuore pulsante della nostra Europa cosmopolita, moderna, ma anche con le radici bel salda nella cultura dei passati secoli. Non so cosa possa significare questo per un americano, per qualcuno che non ha radici così antiche, anche se be’, non vale per Allen, che avendo origini ebraiche, di storia e di radici ne sa eccome.
Credo che Woody Allen, nella sua carriera, abbia girato diversi film che per me, come per altri, rappresentino qualcosa in cui rifugiarsi, una catarsi quando tutto va male. Ce ne sono diversi suoi, ad esempio, che io guardo quando soffro d’insonnia oppure ho degli attacchi di panico in piena notte. E Allen sempre mi rassicura: con le sue storie sagaci, con quel retrogusto agrodolce, con le sue coincidenze e quelle colonne sonore swing e jazz. Midnight in Paris è uno di questi, e per di più è abbastanza comodo, dato che è incluso nel catalogo Netflix al momento.