Mai ritorno all’antico fu più apprezzato: per il nuovo singolo Nuvole, il rapper Frankie Hi-Nrg Mc richiama dei volti noti creando un pezzo unico.
di Paolo Merenda
Alcune iniziative nate durante l’emergenza sanitaria che ancora stiamo vivendo, e legate a musica, scrittura, scultura e in genere tutte le arti, sono degli ottimi spunti per staccare mentalmente la spina dai soliti discorsi sul Covid, la pericolosità del virus, il numero di contagi o di morti e tutte le altre pagine in qualche modo associate al virus. Non deve stupire quindi che il nuovo singolo di Frankie Hi-Nrg Mc, dal titolo Nuvole, pur parlando in effetti proprio dell’isolamento dovuto al virus (quello tosto di marzo-aprile, non questo di adesso, molto carente a livello logistico e sanitario) sia già diventata la nuova sensazione del periodo.
Frankie Hi-Nrg Mc, nato a Torino come Francesco Di Gesù ma cresciuto in giro per l’Italia, come viene ben descritto nel suo libro Faccio la mia cosa (anche il titolo di una delle sue hit di maggior successo), continua a fare le sue cose in casa, come il videoclip di Nuvole. È stato infatti realizzato con una sorta di impalcatura appesa addosso, che di norma viene utilizzata per filmare le reazioni di chi fa il bungee jumping, ad esempio. Con l’aggiunta di luci per dare la giusta atmosfera, se n’è andato in giro al chiuso e si è filmato mentre cantava le strofe. Poi, con altre immagini realizzate all’aperto, ha dato il materiale a Patrizio Marone, che nella sua vasta e premiata carriera (ha vinto un Nastro d’Argento, fra le altre cose), ha montato nel 1997 il videoclip Quelli che benpensano, storico pezzo di Frankie Hi-Nrg Mc. Lo scratch che accompagna il pezzo, poi, è di Dj Stile, con cui il rapper registrò nel 1993 l’album di esordio Verba manent, che contiene Libri di sangue e il suo esordio assoluto, Fight da faida.
Come mai uno dei rapper più conosciuti e apprezzati in Italia, considerato uno spartiacque tra quel che c’era prima e quello che è venuto dopo di lui, ha fatto questo ritorno alle origini? Prova a spiegarlo lui, quando in qualche recente intervista ha affermato di aver sentito la necessità di tornare a raccontare in musica chi siamo, di incarnare quella voce di nuovo dato che da troppo tempo ne sentiva la mancanza.
Nella stessa intervista, ha anche affermato che l’isolamento dovuto al Covid-19 non ci ha reso migliori, anzi peggiori, e in alcuni versi traspare il suo punto di vista. Ma tra testo e immagini la cosa che balza all’occhio è il senso di claustrofobia di chi è chiuso dentro suo malgrado. La scelta del video è infatti affascinante e forte: le strofe vengono cantate dall’autore in casa, spesso in angoli stretti, nelle scale o in posti simili, e velocizzando le immagini anche se in modo non uniforme. Insomma, nessun punto di riferimento per come siamo abituati a pensare. Il ritornello, poi, cambia tono al video: ci si sposta all’esterno, dove dei ragazzi stanno fermi, non parlano e guardano in camera. Qui invece le immagini vengono rallentate. Un piccolo gioiello da cui molti videomaker dovrebbero imparare, realizzato quasi a costo zero.
E il testo? Il ritorno alle origini che auspicava chiamando persone con cui aveva lavorato più di 20 anni fa c’è, le parole si inanellano e creano un dipinto che tratteggia il periodo di incertezza attuale come pochi artisti hanno saputo fare, e nessuno in un tempo così breve. Tre minuti e mezzo da ascoltare e riascoltare, cercando di ritrovare la speranza e attendere la fine di tutto con più serenità.