Ho acquistato e letto Il quinto Beatle di Vivek J. Tiwary, Andrew Robinson e Kyle Baker, e come si può immaginare parla di Brian Epstein.
Trovo da sempre la storia dei Beatles molto affascinante. Ma si tratta di una storia che non ha interessato soltanto loro, sebbene i Fab Four ne siano i quattro protagonisti indiscussi. Ci furono, tra l’inizio degli anni ’60 e il 1970 diversi comprimari, alcuni dei quali in particolare furono definiti, di volta in volta, «il quinto Beatle». Ma solo uno poteva vantarsi davvero di essere tale, ossia Brian Epstein.
A questa figura è dedicato appunto Il quinto Beatle, graphic novel di genere biopic realizzata da Vivek J. Tiwary, Andrew Robinson e Kyle Baker. La narrazione si snoda attraverso un tratto che è talvolta realistico, talaltra filtrato attraverso il sogno (e la visione metaforica), tra tavole a colori e in bianco e nero che raccontano della band più famosa di Dio.
Naturalmente una delle parti fondamentali della storia è l’omosessualità di Epstein, che lo portò ad assumere farmaci (per “correggersi”, o meglio conformarsi alla crudele legge britannica del tempo) e al tempo stesso di innamorarsi di qualcuno che lo ricattò per molto tempo. Quella di Epstein è inoltre una storia breve, dato che l’uomo si spense nel 1967, a poco meno di 33 anni. Alcune settimane prima, i Beatles avevano realizzato uno dei loro dischi più rivoluzionari: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
A questo proposito, un dubbio su Il quinto Beatle: nella graphic novel si parla spesso di rock prima del 1967, eppure quello che mi era stato insegnato è che il rock senza il roll è nato proprio con Sgt. Pepper’s. Mi sbaglio io? Chi lo sa: correggetemi pure nel caso.
Ciò che ho trovato inoltre un po’ fastidioso, in questa narrazione, è la descrizione dei Beatles come dei giocherelloni. In effetti è un tratto che traspare dalle loro conferenze stampa o le loro ospitate pubbliche, ma non so fino a quanto questo corrispondesse alla loro vita privata: a volte in questo libro appare tutto un po’ eccessivo. Il ritratto di John Lennon poi non so quanto sia veritiero: sfuggente, irresponsabile e anche un po’ omofobo, nella graphic novel perde l’aura di leader carismatico. Da parte loro però gli altri tre sono quasi non pervenuti.
Se eccettuiamo queste obiezioni da raddrizzatrici di quadri di professione, vi devo dire che Il quinto Beatle mi è piaciuto al punto di divorarlo. Trovo molto difficile leggere continuativamente in questi anni, ma il fatto stesso che non vedevo l’ora di riprendere in mano il volume mi sembra assai significativo.
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