Hannibal è di fatto il seguito de Il silenzio degli innocenti, ma l’assenza di Jodie Foster pesa. Per fortuna, alla regia c’è Ridley Scott.
di Paolo Merenda
Nella buona parte dei casi, il sequel di un film molto apprezzato viene fatto con gli stessi attori, per dare continuità alla storia e tornare a una formula che si è già rivelata vincente. Ma ci sono eccezioni, come Hannibal di Ridley Scott (2001), seguito de Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme (1991), a sua volta basato sui romanzi di Thomas Harris. Che è però anche un film a sé stante e non solo per ragioni di cast. Jodie Foster, già nei panni dell’agente Fbi Clarice Starling del film di Demme, ha dato forfait per Hannibal. Ma hanno sopperito un gargantuesco Anthony Hopkins (a cui il personaggio di Hannibal Lecter ha portato molta fama e fortuna), il regista Ridley Scott, oltre a un cast che prevedeva Gary Oldman, Julianne Moore (la nuova Clarice Starling), Ray Liotta, gli italiani Giancarlo Giannini e Francesca Neri, e molti altri.
Tra l’altro, c’è una curiosità quasi unica, se vogliamo, legata alla saga di Hannibal Lecter: Il silenzio degli innocenti, capitolo precedente, vinse 5 premi Oscar (tutto il pacchetto dei principali, riuscito a pochissimi lavori, come Qualcuno volò sul nido del cuculo, ovvero miglior film, attore, attrice, regia, sceneggiatura). Ebbene, Ridley Scott, prima di lavorare su Hannibal, aveva appena finito Il Gladiatore, che l’anno precedente aveva vinto 5 statuette a sua volta.
Ma perché ci sono diversi attori italiani, anche magari non di grido, in Hannibal? Il motivo è semplice: per larghi tratti la storia viene ambientata in Italia, a Firenze. Qui Hannibal Lecter, dopo essere scappato dal carcere per gli orrendi delitti di cui si era macchiato, si è costruito una nuova identità e sta per essere nominato curatore della biblioteca Capponi. Ma il suo nome torna sulla cresta dell’onda, viene riconosciuto da un agente italiano che avverte dei malviventi, anche loro sulle tracce del cannibale per vendetta del loro capo, e tutto ricomincia.
Una delle critiche maggiori al film è che il rapporto magico tra Lecter e la giovane agente dell’Fbi Starling, in Hannibal non si crea. È un falso problema, a mio avviso: la storia è diversa, incentrata sul dottore omicida che mangia pezzi delle sue vittime, il quale, proprio quando cerca di rifarsi una vita, da predatore diventa preda. I malviventi (il cui piano è, seguendo il filo logico a suo modo poetico, farlo mangiare dai cinghiali), al soldo dell’unica persona sopravvissuta all’attacco di Lecter, possono essere sacrificati all’altare del protagonista oscuro della pellicola, ma non Clarice Starling, anch’essa sulle tracce del “vecchio amico” di dieci anni prima. Quindi il centro, che rimane il punto di vista di Hannibal Lecter, cambia da ciò che vedeva nel carcere di massima sicurezza (Clarice e poco altro) a ciò che vede ora che è libero: un mondo intero che aspetta di essere scoperto.