James Joyce, tra le sue varie opere, ha scritto una bellissima favola, dal titolo Il gatto e il Diavolo.
In Ulisse e in Ritratto dell’artista da giovane, c’è un personaggio di nome Stephen Dedalus. Nella vita di James Joyce c’era però anche un altro Stephen, il nipote, suo ultimo discendente diretto scomparso all’inizio del 2020. Un giorno Stephen riceve dal nonno un gatto pieno di caramelle, così lo scrittore decide di inviare al bimbo la storia del gatto di Beaugency, che è contenuta nel volume Il gatto e il Diavolo. Che è una sua invenzione, ma, come nella più vasta tradizione del falso tràdito, viene spacciata come leggenda.
La storia è ambientata a Beaugency, una città francese solcata dalla Loira. Gli abitanti di questa città avrebbero bisogno di un ponte, ma non hanno né i soldi né la manodopera per realizzarlo. Così il sindaco va dal Diavolo, che può realizzare il ponte in una notte, e stipula con lui un patto: l’essere soprannaturale costruirà un ponte per la città in una notte, ma in compenso avrà l’anima del primo essere che quel ponte l’attraverserà.
Arriva il giorno dopo e il ponte è bell’e pronto. Ma nessuno ha il coraggio di attraversarlo perché il Diavolo fa una paura del diavolo. A un certo punto arriva il sindaco, con un gatto in braccio e un secchio d’acqua nell’altra mano. Senza dir nulla, il sindaco versa l’acqua sul gatto che, tra la gelida scelta dell’acqua e l’abbraccio del Diavolo, sceglie il Diavolo. Il quale a sua volta si dimostra un buon diavolo, nel senso che gli promette coccole e di farlo stare al calduccio come infatti il micetto merita.
La favola si conclude con un post scriptum in cui Joyce si prende un po’ in giro: il Diavolo non sarebbe altro che lui, che di solito parla il «diavoleriano» ma quando si arrabbia parla un pessimo francese con un forte accento di Dublino. Un’opera deliziosa insomma, se amate lo scrittore irlandese, i gatti e la letteratura per ragazzi.
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