La storia di Giorgio Rosa è stata raccontata nel film L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, diretto da Sydney Sibilia.

Non so se posso dire di essere fan di Sydney Sibilia: ha realizzato quattro lungometraggi, li ho visti e li ho adorati tutti. Vedremo cosa accade sul lungo percorso, in fondo quattro pellicole rappresentano solo una piccola parte nella carriera di un regista.

Detto questo, mi sono approcciata da fan alla visione di L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, approdata nei giorni scorsi su Netflix e prodotta dalla piattaforma stessa. Si parlava del film già da un anno: credevo di averne letto su Il Post, ma non sono più riuscita a trovare l’articolo molto corposo che, a suo tempo, era stato il mio riferimento. Sulla carta, almeno per me, c’era un neo: io non sopporto Elio Germano. Non voglio offendere nessuno dei suoi ammiratori né l’attore stesso, ma Germano è un interprete che probabilmente non riesco a capire: sarà un mio limite. Devo ammettere che però non mi è dispiaciuto affatto ne L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, in cui mi è apparso completamente in parte, misurato e affascinante come nell’altro film in cui mi era piaciuto, Mio fratello è figlio unico. Forse Germano è uno di quegli attori che rende meglio con determinati registi o determinate sceneggiature.

Dunque, sapevo un po’ di cose su Giorgio Rosa prima di vedere il film. Naturalmente, Sibilia, nel suo biopic l’ha trasformato, a mio avviso seguendo l’ispirazione di due film contemporanei molto famosi. Nei giorni scorsi, parlando di Smetto quando voglio, vi accennai al fatto che Sibilia ha tratto ispirazione da altre opere, ma l’ha fatto in maniera intelligente e originalissima: per questo suo ultimo lavoro il giudizio non cambia, perché si tratta di un’opera intelligente e altrettanto originale.

Veniamo alle basi: la storia e il cast. Nel 1968, Giorgio Rosa e il suo amico Maurizio sono appena diventati ingegneri. La sera in cui escono a festeggiare, incontrano la ex di Giorgio, Gabriella, che ormai da tre anni sta con un altro uomo e stanno per sposarsi. Giorgio la riaccompagna a casa, ma viene fermato dalle forze dell’ordine che gli contestano il veicolo che lui stesso ha costruito. Così, nella mente di Giorgio si fa strada un’idea: e se, da ingegnere quale sono, costruissi letteralmente una nazione e dessi le regole che voglio io? Così Giorgio e Maurizio costruiscono l’Isola delle Rose, che si dà una sua lingua (l’esperanto) e inizia ad accogliere i primi, pochissimi cittadini, tra cui un apolide di origine tedesca, un disertore del nazismo che decise di scegliere le feste in riviera romagnola anziché la morte e la distruzione. Ma le autorità italiane non vedono di buon occhio l’iniziativa di Giorgio. Nel cast figurano, oltre a Germano, Matilda De Angelis, Leonardo Lidi, Fabrizio Bentivoglio e Luca Zingaretti.

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Diciamo che L’incredibile storia dell’Isola delle Rose ha dei meriti. Il primo è l’aver riportato l’attenzione sull’esperanto, una lingua artificiale che risolverebbe le questioni relative alla koiné nel mondo, ma che non è mai stata utilizzata su ampia scala, per esempio nelle relazioni internazionali. Il secondo è che si tratta davvero di un film epico: nonostante la verità storica sia stata falsata (un esempio su tutti, l’evacuazione dell’isola non è accaduta nel modo rocambolesco che viene narrato da Sibilia e Francesca Manieri, autori della sceneggiatura), racconta un pezzo di storia italiana, una piccola grande vergogna dei governanti dell’epoca, che andava tramandata. Infine Sibilia, e questo è un punto di forza e non di debolezza, ha lavorato prendendo il meglio da alcune pellicole contemporanee. Una fonte di ispirazione è stata sicuramente The Dreamers di Bernardo Bertolucci, ambientato anch’esso nel 1968: entrambi i film ci danno un’idea differente del clima di contestazione dell’epoca (anche se, be’, Rosa non era certo un comunista o comunque un uomo di sinistra e su questo ci torniamo). Un’altra fonte può essere stata The Social Network di David Fincher, anche questa di genere biopic, in cui si racconta che Mark Zuckerberg abbia creato Facebook dopo essere stato lasciato dalla sua ragazza: analogamente, nel film di Sibilia, Giorgio Rosa costruisce un’isola per essere l’uomo che vorrebbe Gabriella. Infine, la presentazione dei personaggi è improvvisa, enfatica, si avvale di un montaggio veloce, un po’ come nei film di Quentin Tarantino, per esempio Bastardi senza gloria. Nei vari gruppi di cinema di cui faccio parte sui social, leggo che qualcuno ha accostato l’opera di Sibilia, non a torto, a I Love Radio Rock: il personaggio di Bentivoglio è praticamente lo stesso di Kenneth Branagh e anche il finale è simile.

In Rete ho letto un po’ di critiche a L’incredibile storia dell’Isola delle Rose. La prima è che si tratta di un brutto film perché Sibilia si allontana troppo dalla formula di Smetto quando voglio. Non sono d’accordo: Sibilia non si è minimamente allontanato da un suo modus operandi, se poi pensiamo che farà a vita, all’infinito, sempre le stesse cose, non troveremmo l’esperienza cinematografica un po’ deludente? L’altra questione su cui non sono d’accordo è il fatto che Giorgio Rosa sia stato un fine utopista, un uomo di sinistra, un sessantottino che ha protestato a modo suo contro l’autorità costituita: seppur sia corretto dire che quella di Rosa sia stata una protesta, è difficile immaginare come uomo di sinistra uno che in gioventù aderì alla Rsi. Ma magari mi sbaglio e non ricordo o non conosco tutta la storia. Però, ecco, tramandare va bene, l’agiografia fino a un certo punto (tanto più che il film non ha un intento agiografico).

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