Splendido libro a fumetti portato avanti con la forza delle sole immagini, tratta il periodo storico della politica del figlio unico in Cina.

di Paolo Merenda

Nella raccolta di racconti Odio volare, curata da Stephen King e con un suo racconto all’interno, c’è spazio anche per Arthur Conan Doyle, di cui si può leggere il racconto Orrore ad alta quota. Il creatore del personaggio di Sherlock Holmes, vissuto a cavallo tra 1800 e 1900, quindi in un periodo in cui i progressi scientifici non erano paragonabili a quelli odierni, nel racconto crea un mondo popolato di mostri al di sopra delle nuvole. Allo stesso modo, l’autrice de Il figlio unico, Guojing, ha ricreato un mondo onirico a misura di bambino in alto nel cielo. Bellissime alcune scene e alcuni colpi d’occhio, sono la prima cosa che balza all’attenzione in questa storia narrata in modo splendido.

In Cina, per decenni, c’è stata la politica del figlio unico, per contrastare il sovrappopolamento, di cui il paese asiatico è stato ed è colpito più di altre nazioni. Che poi questa misura sia stata utilizzata (ancora oggi) per colpire alcune etnie come gli uiguri, chiusi in campi di prigionia e soggetti a misure che mettono in atto un genocidio etnico (attraverso, per esempio, le sterilizzazioni forzate), è uno dei lati negativi. Un altro, come si può intuire, è che molti bambini siano cresciuti in modo solitario, non avendo fratellini o, in caso i genitori figli unici a loro volta, nemmeno cuginetti.

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Su questa falsariga si muove Guojing, vittima a sua volta del sistema figlio unico, che narra una storia in parte autobiografica, come spiega in una nota a inizio libro. La bambina che esce di casa da sola per andare a cassa della nonna, perdendosi, è qualcosa che rappresenta un episodio reale. Meno reale l’incontro con un cervo che la porta sopra le nuvole, ma lì la metafora, semplice da cogliere, è la potenza di un bambino quando si entra nel mondo della fantasia. La bimba, dopo essersi persa, si rifugia appunto nella fantasia, facendo incontro peculiari, ma il pensiero della mamma e del papà che la cercano serpeggiano tra una vignetta e l’altra.

Rilassante il tratteggio utilizzato, ci si perde tra i particolari perché quasi mai le scene ne hanno, mantenendo un’essenzialità che premia il lettore. L’assenza di parole unita ai disegni minimali fa sì che l’opera sia un unicum nel panorama del fumetto e non solo. Da “leggere” e scoprire. Nelle parole della nostra editor:

Può un racconto non avere parole? Se avete letto il libro di questa illustratrice cinese, sapete bene che è possibile. Il figlio unico è una narrazione per immagini, intensa e commovente. Come spiega l’autrice nella premessa, ha preso spunto dalla politica cinese del figlio unico, che ha gettato nella solitudine i bambini nati nella Repubblica Popolare negli anni ’80: un giorno, il padre l’ha messa sull’autobus per mandarla a casa della nonna e lei si è addormentata. È scesa dal bus presa dal panico e ha impiegato tre ore per ritrovare la casa della nonna.In questa narrazione è centrale il concetto di solitudine. La solitudine è ricerca, desiderio. Per un bambino, vivere in un mondo di adulti non è mai una cosa semplice e finisce che la solitudine diventa un mondo fantastico in cui rifugiarsi e compiere un viaggio immaginario. Detto così non sembra poi così brutto. Ma lo è. Si parla tanto della solitudine emotiva, ma quanto per un bambino è importante la solitudine fisica? Quanto ha bisogno di sentirsi amato un figlio, quanto ha bisogno di abbracci, degli affetti famigliari, degli altri bambini con cui giocare? Ci si sente sopraffatti dall’emozione leggendo questo libro. Ci si sente come si fosse il bambino della storia. Che compie un percorso, ma poi arriva davvero alla soluzione?

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