Una lettura online di Un artista del digiuno, incentrato sulla figura immortale dello scrittore Franz Kafka.

di Renato Grilli

Ero davvero parecchio imbarazzato. Dubbi e preoccupazione mi avevano accompagnato per molti dei giorni che precedono il debutto. Il fatto che fosse un debutto online, nientemeno che su YouTube, dunque rivolto a una folla vasta e indistinta di ascoltatori, peggiorava la situazione e rendeva intollerabile l’imbarazzo. Poi un libretto – ritrovato per caso – mi ha fornito idee nuove, stimolanti e adatte al clima e al contesto di oggi.

Ma andiamo con ordine. Domenica prossima, 21 febbraio, “debutta”, cioè viene pubblicata online su YouTube, la mia lettura – con musiche e montaggio dell’amico fraterno Rocco Nigro – di un noto racconto di Franz Kafka, conosciuto come Un digiunatore (1922), qui titolato Un artista del digiuno. Avevamo già pubblicato il video in quattro parti sulle nostre pagine Facebook nelle settimane precedenti: era stato consolante constatare come parecchi amici lo avevano notato, alcuni commentato positivamente. Ma si era nell’ordine delle decine, tra amici dell’uno e dell’altro. Ed ora – avevo cominciato a chiedermi – che si esce da questa ristretta cerchia, ora che in teoria molti di più potrebbero vederlo-ascoltarlo, come andrà, che impressione ne ricaveranno? E soprattutto, come suggerire una lettura nuova e interessante di un racconto – pur straordinario – di cento anni fa?

Il problema di avvicinare possibili ascoltatori ce lo eravamo già posto. Pensando alla lunga chiusura dei teatri per la pandemia, alla difficile situazione in cui versavano gli artisti dal vivo, avevamo infatti dedicato agli artisti la nostra operina, scrivendo:

«Abbiamo pensato di dedicare questo lavoro a tutti gli amici artisti della scena, attori, musicisti e danzatori, che in questi mesi hanno visto le loro esibizioni pubbliche bruscamente interrotte, o rinviate, o addirittura cancellate. Fino a che il virus non sarà debellato, è possibile che la già precaria sopravvivenza degli artisti della scena sia avvicinabile alla vicenda dell’Artista del digiuno di Kafka, sempre più isolato, incompreso ed emarginato, ma che non rinuncia mai alla purezza e alla grandezza della sua Arte, sempre intento a migliorarsi e superarsi. RG e RN.»

Ma sarebbe bastato questo ora? Non c’era altro che si poteva aggiungere a mo’ di introduzione? Non era facile. Non si poteva fare a meno di ricordare sull’argomento la riflessione di un grande scrittore contemporaneo.

«La mia grande frustrazione quando cerco di leggere Kafka con gli studenti è che è impossibile far loro capire che Kafka è comico. Né tantomeno apprezzare il modo in cui questa comicità è intimamente legata alla potenza dei suoi racconti (…) La comicità di Kafka (…) è sempre anche tragica, e questa tragicità è sempre anche una gioia immensa e riverente». (David Foster Wallace, Alcune considerazioni sulla comicità di Kafka che forse dovevano essere tagliate ulteriormente, in Considera l’aragosta, Einaudi, Torino 2006).

Lo si sarebbe dunque inteso quell’umorismo tragico? C’era da essere ottimisti? Lo stesso David Foster Wallace non lo era, concludendo che troppo diversi da Kafka erano la vita, il mondo e la lingua di quei giovani americani, più o meno gaudenti, che aveva come studenti.  E giù a rileggere allora quelli che avevano inteso quell’umorismo e avevano cercato di spiegarlo, contrastando la semplificazione critica generale, la banale accezione di “kafkiano” come assurdo, paradossale. 

Bruno Schulz, nella introduzione all’edizione polacca (1934) de Il processo scriveva:

«Il suo rapporto con la realtà è del tutto ironico, perfido, animato da cattiva volontà: il rapporto del prestigiatore con la propria attrezzatura.» (B. Schulz, Introduzione a F. Kafka, Il processo, Feltrinelli/I Classici, Milano 1995).

Edoardo Sanguineti:

«Non è possibile esprimere il tragico se non nella forma del comico. (…) Presa alla lettera, la comicità diventa isterica e perciò tragica. Kafka, per esempio, è comico. C’è un aneddoto che per me è rivelatore di quel che dico. Kafka leggeva Il processo agli amici e a un certo punto non riusciva più ad andare avanti perché piangeva dalle risate. (…) L’arte tragica è surrogata dall’arte isterica» (Sanguineti’s song. Conversazioni immorali, a cura di Antonio Gnoli, Feltrinelli, Milano 2006)

Ma non bastava, non se ne veniva fuori. Si trattava di riflessioni critiche di autori illuminati, che poco sembravano aiutarci e alleggerire le nostre preoccupazioni. Finché ho letteralmente “ritrovato” un libretto di poche pagine, comprato non ricordo dove a pochi euro, ma veramente ben spesi, che mi ha indicato una nuova lettura, curiosa, straniante, essa stessa “umoristica”, pienamente contemporanea, comprensibile a molti, ambientata nell’oggi! 

Il libretto si intitola Più in forma con Kafka, ne sono autori Marianna Altieri e Leonardo Merlini, è stato edito da Chiarelettere nel 2014 per la collana FeelBook. L’idea spiritosa degli autori è di leggere i racconti di Kafka come se un «grande allenatore boemo» narrasse apologhi capaci di regalare a chi li legge «momenti di autentico benessere, intellettuale certo, ma anche fisico e pratico. Senza dimenticare che lo stesso Kafka era di corporatura fragile, (ma) noto per la resistenza alle lunghe cavalcate e alle camminate in campagna». Nei diversi capitoli vengono così esaminati in questa prospettiva vari racconti: La metamorfosi come guida su «come accettare anche i vostri lati peggiori», La passeggiata improvvisa su «come sentirsi liberi (e se stessi) con la corsa», Lettera al padre su «come liberarsi dai genitori. O più in generale dai sensi di colpa» e così con altri nei capitoli successivi. 

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Ma è proprio il primo capitolo a occuparsi del nostro racconto Un digiunatore (alle pagine 15-25), con il sottotitolo «come tenere il peso sotto controllo. Passo dopo passo per una dieta di successo». «La dieta è un’arte», infatti, e «la vostra scelta vi rende unici» anche se spesso «incompresi». Spassosa la citazione a conferma del professor Veronesi che propugnava il digiuno «per ridimensionare l’ipertrofica, esagerata enfasi con cui siamo tutti invitati a mangiare», per resistere a pubblicità ossessive, a cuochi, chef e apprendisti in gara a ogni ora sulla tv…

Ecco, forse questa potrebbe essere una lettura davvero nuova da suggerire, da consigliare agli ascoltatori della nostra operina. Pensate al Digiunatore come a un buon consigliere per controllare il peso, per replicare agli amici scettici, per vedere che in fondo digiunare, come per il Digiunatore, è «la cosa più facile del mondo». Pensate che potrete persino dire, negli ambienti giusti, che «siete a dieta unicamente per amore letterario, che siete ispirati da un kafkiano racconto del secolo scorso, e che il vostro è un percorso ascetico e artistico di valore, non un banale regime alimentare».

Insomma, DIGIUNATE CON IL DIGIUNATORE DI KAFKA! IL DIGIUNO È FACILE, FA BENE, E SOPRATTUTTO È UN’ARTE!

Ma è nella Postfazione di Nicola Lagioia che la cosa prende una piega ancora più interessante.

«Successo, prestanza fisica, fortuna, popolarità… Kafka e i suoi personaggi sono quanto di più lontano si possa immaginare da ciò che noi contemporanei ci illudiamo stupidamente possano essere gli obiettivi da raggiungere per avere una vita felice. Eppure Gregor Samsa, l’agrimensore K., (anche il nostro “Artista del Digiuno”) e tutto l’allegro e agghiacciante complesso bandistico kafkiano (il loro creatore per primo) sono tra le più clamorose testimonianze mai apparse sulla terra dell’indistruttibilità dell’uomo». (p. 112)

«IN TEORIA, C’È UNA PERFETTA POSSIBILITÀ DI FELICITÀ. CREDERE NELL’INDISTRUTTIBILE DENTRO DI NOI, E NON ASPIRARE A RAGGIUNGERLO» (in Aforismi di Zurau di F. Kafka, a cura di Roberto Calasso – Piccola Biblioteca Adelphi).

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