Molti scrittori devono il successo decuplicato a un regista che vede del materiale prezioso in un romanzo. Uno dei casi emblematici è Ron Howard, che ha lavorato sui libri di Dan Brown.
di Paolo Merenda
Uno scrittore non è celebre, è una mezza celebrità. A dirlo, in Misery non deve morire, è uno dei pochi scrittori che “mezzo” famoso non lo è affatto, anzi ormai è una living legend: Stephen King.
Ma la sua, come si evince purtroppo anche dal numero sempre in diminuzione di lettori, è l’eccezione che conferma la regola. Quando si fa il salto di qualità? Come anche nel caso di King che già negli anni ‘70 venne notato da Brian De Palma, regista che portò sul grande schermo addirittura il romanzo di esordio, Carrie, di uno sconosciuto ragazzino con la mania dell’horror, ciò accade quando la platea si amplia grazie magari a un film tratto da una sua storia.
Questo preambolo ci porta a un caso dei giorni nostri, Dan Brown, le cui opere, già bestseller, sono state notate dall’ex ragazzo prodigio (e oggi adulto prodigio, se mi passate il concetto) Ron Howard, già volto iconico di Richie Cunningham nel telefilm Happy Days. Se siete troppo giovani, almeno ricordate Fonzie, quello con la giacca di pelle e il ciuffo impomatato che ha coniato il termine «salto dello squalo»? Ecco, viene da Happy Days.
Ron Howard, vincitore di un Golden Globe nel 1978 per il ruolo di Richie e nel 2002 per la regia di A Beautiful Mind (oltre a un paio di premi Oscar), dimostra così una continuità di estro e buone idee invidiabile, con due premi a distanza di 24 anni. Ci ha visto lungo anche con i libri di Dan Brown, specialmente quelli con il professor Robert Langdon al centro delle pericolose vicende. Langdon, che sul grande schermo viene interpretato da Tom Hanks, compare in Angeli e demoni (2000), Il codice Da Vinci (2003), Il simbolo perduto (2009), Inferno (2013) e Origin (2017), cinque romanzi collegati da un filo conduttore e che citano spesso i precedenti capitoli della saga.
La fama dell’autore aumentò quando, nel 2006, uscì il primo film di quella che finora si è rivelata essere una trilogia, tutta firmata Ron Howard, che si dimostra un pregevole regista. La pellicola d’esordio del personaggio Robert Langdon è il secondo capitolo scritto da Brown, Il codice Da Vinci, forse quello dalla storia più affascinante, dato che il professore è alla ricerca del Santo Graal e dell’erede di Gesù. Parigi, la città scelta per ambientare le vicende, diventa un organo vivo in cui Langdon e la giovane Sophie Neveu (Audrey Tautou) devono sfuggire al capitano Fache (Jean Reno) mentre cercano di decifrare i vari indizi per il Santo Graal.
Il frenetico mondo del cinema si muove diversamente da quello dell’editoria, e infatti dopo il successo Ron Howard recupera Angeli e demoni, primo libro con Robert Langdon, e lo riadatta per il secondo tassello della trilogia (datato 2009), di cui gli italiani, specialmente i credenti, apprezzeranno le ambientazioni nelle sedi pontificie, tema delicato che viene affrontato con rispetto dalla trama fittizia. Anche i fan di Pierfrancesco Favino, predente nel cast, apprezzano molto la pellicola.
Ancora più particolare la genesi della terza pellicola, Inferno, che è la quarta fermata per Langdon. Dato che ormai la fanbase si era allargata, l’idea era di un film per ogni libro, come è accaduto ad esempio per Hunger Games di Suzanne Collins. Quindi, i produttori erano al lavoro su Il simbolo perduto, ma nel frattempo uscì Inferno, senz’altro migliore sotto molti punti di vista. Tutti, da Ron Howard in poi, virarono quindi sul romanzo con base dantesca e ambientato di conseguenza a Firenze, tra le altre città. Nel 2016, dunque, vide la luce il terzo film.
E adesso? Di già esiste Origin, e si può sempre recuperare Il simbolo perduto. Ma c’è un grosso limite, gli anni che passano per Tom Hanks: i libri mascherano il passare del tempo con azioni meno fisiche ma altrettanto frenetiche. L’attore 65enne invece ha sempre meno spiragli per il ruolo del professore universitario tutto azione, come Ron Howard ce l’ha descritto nei film. Hanks ha dato la sua disponibilità più volte, ma il tempo stringe. E se ci si dovesse fermare alla trilogia, resterà pur sempre un bel lascito cinematografico per gli appassionati.