La massa e ceci è uno dei piatti più rappresentativi di questo periodo, con una storia e una tradizione unica nel Salento. Ma è solo una piccola parte di ciò che accade nel giorno di San Giuseppe.
di Paolo Merenda
Alessandra Ferramosca, cuoca itinerante salentina, attiva su tutto il territorio nazionale fin dal 2013, ormai è un punto fermo della promozione enogastronomica in Puglia e non solo. I suoi cooking show hanno come tutti i settori subìto un rallentamento con la pandemia di Covid-19, ma attraverso il suo canale YouTube ha portato avanti l’arte della cucina. E proprio lei ci parla, in quest’intervista, di uno dei piatti più rappresentativo, massa e ceci, che fa parte di un insieme molto più grande.
«La massa e ceci è una delle pietanze più conosciute del nostro territorio, specialmente il 19 marzo, per la festa del papà. Ma la ricetta riporta a un rituale ben preciso, le tavolate di San Giuseppe. Le tradizionali taule di San Giuseppe si ripetono ogni anni in molti paesi della zona otrantina, come Uggiano La Chiesa, Minervino e molti altri centri. Le singole famiglie cucinano e poi aprono le case all’accoglienza, infatti il senso ultimo del rito è appunto richiamare il concetto di carità. Lo si fa appunto tenendo le porte aperte a turisti o persone indigenti, ma anche allestendo la tavola con cibi poveri.»
Di cosa si tratta?
«I cibi poveri sono quelli che vengono realizzati con ingredienti di facile reperibilità e dal basso costo, In particolare, le taule possono essere di cotti e di crudi. I crudi in pratica sono le verdure che possono essere consumate senza cuocerle, come finocchi, cavolfiori, pomodori e così via. Nelle tavole di cotti, oltre ai crudi, vi sono appunto ricette come massa e ceci, ciciri e tria e molti altri. La massa, una pasta fatta in casa che somiglia alle tagliatelle ma è più sottile, colpisce per la lunga preparazione, ma ancora di più per le preghiere che nella tradizione fanno le massaie durante le fasi. In poche parole, i ceci vengono messi a bagno la sera prima, le sfoglie invece vengono lavorate il giorno successivo con mattarello e poi tagliate sottili. I ceci vengono cotti con carote, sedano e cipolla e quasi a fine cottura si aggiunge la pasta fresca. Un terzo della massa può anche essere fritta per dare un tocco visivo con le guarnizioni.»
Ci sono altre ricette che contraddistinguono il periodo, nel Salento ma non solo?
«Le tavolate di San Giuseppe sono caratteristiche del Salento e dell’entroterra otrantino, ma ci sono altre zone in Italia in cui c’è l’allestimento delle tavolate, certamente diverso. Ad esempio in Abruzzo, a Monteferrante in provincia di Chieti, viene allestita una scenografia con la sacra famiglia, due adulti e un bambino. Parliamo ovviamente di vere persone sedute a tavola. Vengono poi allestite tavole, con spese esclusivamente a carico delle famiglie che decidono di farlo, per mostrare ai turisti e ai passanti questo tipo di rituale. In alcune zone d’Italia si consuma pasta con tonno e baccalà, o pasta con aglio, olio e mollica di pane fritta, oppure uova, verdure semplici, sempre perché sono piatti della tradizione povera. C’è da dire che nella preparazione sono semplici, ma nella presentazione molto curati, e mentre si consumano si recitano mentalmente delle preghiere. Il Molise è un’altra zona in cui sono presenti: si servono al massimo 13 pietanze, povere e magre, e la tavola viene imbandita nello stesso modo, molto lineare. Lineare nel senso che, con molta cura, si alternando colori e sapori, addirittura anche per dare un colpo d’occhio a chi deve fotografarla. Infatti, specialmente nella zona del Salento, la taula di San Giuseppe è diventata un ritrovo per turisti e curiosi, quindi ogni famiglia cerca di caratterizzarla in modo diverso. A suo tempo se ne occupò molto Nunzio Pacella, ad esempio.»
Infatti, Nunzio Pacella è stato un grande nome, che ha dedicato gran parte della vita per questo settore.
«Fino a qualche decennio fa, le tavolate di San Giuseppe erano conosciute e frequentate dalle persone locali, o da chi tornava per l’occasione, dato che lavorava fuori. Nel corso del tempo c’è chi l’ha promosso, elevandolo a marketing territoriale. Tra questi appunto Nunzio Pacella, che ha unito sempre la tradizione, le pietanze, alla devozione del santo, e le ha unite inserendo altri punti di interesse. Lui stesso ha documentato attraverso Salento in tasca, o il suo blog, CasaPacella, tutti i percorsi, le foto realizzate, i cambiamenti che le tavolate hanno affrontato nel corso degli anni. Le persone che percorrono, rigorosamente a piedi, le strade dei vari paesi, i gruppi di turisti, le scolaresche… Sono tracciati che Nunzio Pacella ha riportato alla luce, ha rivalutato tantissimo.»
(Tutte le foto proposte in questo articolo sono state realizzate dal giornalista Nunzio Pacella e pubblicate su gentile concessione della famiglia, che ne detiene totalmente i diritti. Per conoscere più ampiamente l’opera di Nunzio, del quale abbiamo linkato alcuni contenuti, rimandiamo al suo blog CasaPacella.)