Il treno per il Darjeeling è uno dei fantastici film di Wes Anderson, che ancora una volta ci parla di una storia di famiglia, con due co-sceneggiatori che sono appunto “di famiglia”.
Essendo l’ultima di tre fratelli, provo una grande identificazione quando guardo un film che tratta la tematica del rapporto tra fratelli. Come Butterflies di Tolga Karaçelik, del quale, a causa di impegni di lavoro, non ho mai visto il finale. Una pellicola molto più mainstream (ma non troppo) sul tema è Il treno per il Darjeeling (The Darjeeling Limited) di Wes Anderson, uno dei miei registi preferiti, che sa raccontare fantastiche storie di famiglie disfunzionali dal quale lo spettatore anela a farsi adottare.
Il treno per il Darjeeling è la storia di tre fratelli che non si parlano da un anno, da quando cioè è morto il loro padre. I tre – Francis, Peter e Jack – si ritrovano a fare un viaggio in India, verso la regione del Darjeeling, per incontrare la propria madre, assente ai funerali, e compiere una trasformazione spirituale. Il treno per il Darjeeling è un film in cui accadono molte cose, ma in cui non accade nulla di eclatante. C’è un flashback, che ci dice cosa sia successo il giorno del funerale, che ci parla delle cose che questi fratelli avevano in sospeso verso loro stessi e verso i genitori. Le dinamiche esplodono con violenza tra loro, eppure trovano un momento per fare squadra, sebbene abbiano un nuovo incontro con la morte. Credo che Il treno per il Darjeeling parli di quanto la famiglia non sia la più naturale delle condizioni per essere amici. I tre fratelli si chiedono: se non fossimo stati fratelli, ci saremmo piaciuti in altri contesti?
Gran parte della bellezza del film è affidata alle scenografie, prima quella del Darjeeling Limited, in cui è prevalente l’azzurro, poi quella di un secondo treno, in cui prevale il rosso mattone. I due colori sono simbolici della fase del viaggio che i protagonisti stanno affrontando: intorno a loro tutto è diverso ed esotico e loro stessi sono degli strani e bizzarri “attrezzi” per la popolazione locale. Che però a un certo punto non può fare a meno di tributare loro degli onori. I tre fratelli non compiono il viaggio che si aspettavano o che Francis, il maggiore, aveva programmato, non effettuano un tragitto verso la loro meta, possedere finalmente l’affetto della madre, eppure riescono a conquistare una meta: alla fine saranno venuti a patti con la morte del padre, riusciranno a liberarsi da un pesante fardello che, come valigie sul quale sono impresse le iniziali del genitore, non riescono ad abbandonare.
Parte del fascino del film è anche dovuto all’innegabile bravura degli attori coinvolti, a partire dai tre protagonisti: Owen Wilson, Adrien Brody e Jason Schwartzman. Tre volti diversissimi i loro, che però riescono a trasmettere un mood simile e melanconico. Parte del loro personaggio è espresso anche da una caratterizzazione visiva che è parte della loro evoluzione, come nel momento in cui Francis si toglie le fasciature dovute al suo incidente in moto, oppure Peter riceve in dono una cintura dai fratelli. Nel resto del cast c’è Anjelica Houston, Irrfan Khan e in un cameo inaspettato Bill Murray.
Ma non finisce qui: Il treno per il Darjeeling è un film importante sui rapporti famigliari perché è stato scritto anche da persone legate da parentela. Oltre ad Anderson, co-sceneggiatori sono infatti Roman Coppola e Schwartzman, che sono tra loro cugini di primo grado. Roman è infatti il figlio di Francis Ford Coppola, mentre Schwartzman è figlio di Talia Shire, il che significa che sono figli rispettivamente di un fratello e una sorella e quindi cugini.
(Nella foto in evidenza c’è un palazzo che non c’entra nulla col film, eppure credo piacerebbe molto a Wes Anderson).