The Crown, nell’immaginario collettivo, racconta le vicende, più o meno note, della famiglia reale britannica, i Windsor-Mountbatten.

La serie Netflix The Crown è una meravigliosa serie tv. È realizzata con cura, gli attori sono bravissimi e poi la tematica è di grande interesse. La trama però, l’unica cosa vera del telefilm, non tutti l’hanno capita. Di che cosa parla? Di quanto il peso della Corona riesca a schiacciare l’individualismo e a far emergere la forza di chi la Corona la indossa. La Regina Elisabetta II, trasfigurata da personaggio reale a personaggio immaginario, sembra essere la protagonista assoluta di The Crown, ma non lo è. Perché la protagonista è la Corona, nel senso dell’istituzione.

La quarta stagione di The Crown ha aperto il dibattito sull’interpretazione negativa dei Windsor-Mountbatten. In particolare per quello che riguarda il Principe Carlo e il suo rapporto con Lady Diana. Probabilmente The Crown ha accresciuto in un certo senso l’agiografia relativa a Diana Spencer, ma dobbiamo ricordare che si tratta di una serie e non di un documentario – se volete vedere un documentario fatto bene, sempre su Netflix, potete vedere The Royal House of Windsor, prodotto dalla Bbc, che spiega abbastanza bene come si sia evoluta la guerra dell’opinione pubblica tra Carlo e Diana.

Dopo queste polemiche, la Royal Family ha tenuto a rimarcare come The Crown sia un prodotto di fiction. La Corona ha quindi sperimentato sulla sua pelle quello che noi giornalisti sperimentiamo quotidianamente da quando sono sorti i social network: quando si va a toccare anche minimamente un idolo delle folle, c’è uno scatenarsi di fanatismo, e c’è da sempre molto fanatismo intorno a Diana. Ma questo non cambia le cose. The Crown è una narrazione fantasiosa basata su eventi reali, ma è appunto molto fantasiosa – e che vogliamo credere davvero che Diana pattinasse dentro Buckingham Palace?

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Leggevo in questi giorni che Carlo abbia subito dopo The Crown un ulteriore calo di popolarità. Mi auguro che l’articolo che ho letto si sbagli. Diana è morta molto tempo fa, ed è ingiusto che Carlo viva ancora all’ombra di un mito. Anzi di due miti, dato che sua madre Elisabetta, per una serie di fattori tra cui la forza d’animo e la longevità, è per milioni di persone altrettanto mitologica. Il Principe Carlo è un uomo dotato di lungimiranza: ha intuito prima di tutti fattori di grande importanza sociale come inclusione etnica ed ecologia. Eppure per alcuni tutto passa in secondo piano di fronte a qualche intercettazione telefonica pruriginosa degli anni ’90.

Da oggi, con i 95 anni della Regina, Carlo si troverà a condividere onori e oneri dell’anziana madre, che ha decretato di voler condividere i doveri con il figlio se avesse regnato fino a quest’età. E io mi auguro che tutti possano vedere Carlo come è effettivamente, con i suoi piccoli difetti – come tutti – ma anche con i suoi moltissimi pregi, pregi istituzionali di una certa rilevanza.

Però il problema che resta è uno: possiamo davvero fare qualcosa affinché le persone capiscano la differenza tra fiction e documentario? La risposta è quasi scontata: è la cultura che può fare la differenza. Ma in un mondo che sembra cercare nella lettura di un articolo un appoggio filosofico al proprio sistema di credenze, possiamo davvero aspettarci qualcosa di diverso?

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