Io, Lauro e le rose è un romanzo di Mario Artiaco che racconta una storia toccante, tra abusi e amicizia (e quest’ultima aiuta a rendere il mondo un posto migliore).

Per due volte ho avuto la fortuna di presentare il romanzo d’esordio di Mario Artiaco, Io, Lauro e le rose. Non fatevi ingannare dal fatto che si tratti di un’autoproduzione: il libro è emozionante, duro come un calcio nello stomaco ma anche foriero di tenerezza.

Di cosa parla Io, Lauro e le rose? È la storia di un’amicizia, quella tra Diego, il narratore onnisciente, Lauro, amico un po’ più in ombra perché capitano volte in cui si è meno fisicamente presenti, e Raffaele, il protagonista della storia. Raffaele assomiglia, sia nel corpo che nello spirito a Garrone, il corpulento gigante buono del libro Cuore di Edmondo De Amicis. I tre sono amici da giovanissimi, ma due di loro ignorano alcuni segreti che Raffaele si porta dietro.

Diego inizia a scoprirli, ma restano comunque ancora delle macchie scure, quando Raffaele si ammala e gli chiede di scrivere la sua storia. Una storia triste, che lascia il lettore in lacrime, quella di Raffaele. La madre l’ha mandato a lavorare a venti chilometri dal loro paese, dov’è ospite a casa di un prete pedofilo. La cui violenza si abbatte su Raffaele, che intanto ha dovuto subire l’outing del fratello – che ha raccontato tutti che Raffaele fosse omosessuale e che morirà per droga di lì a poco. La morte del fratello è la molla per Raffaele per ribellarsi, per colpire il suo aguzzino e costituirsi, aiutato da un prete buono, che lo aiuterà dentro e fuori la prigione. Ma una volta uscito, Raffaele dovrà affrontare l’omofobia che come un fantasma grava sulla sua testa – senza però rivelarsi davvero nella sua virulenza – ma incontrerà anche l’amore di Luigi, il perdono della sorella, anche lei abusata dal prete pedofilo, e una rinnovata amicizia con Diego sempre al suo fianco, anche nei giorni più bui della sua malattia.

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Io non lo so se esista un altro libro del genere. Non so se esista un equilibrio tanto stabile tra amicizia e violenza: da un lato le scorribande dei ragazzini, quella voglia matta di incontrare il proprio idolo, come se lui potesse cambiare le cose con uno schiocco di dita e un gol da centrocampo. Dall’altro l’orrore che si abbatte su chi invece porta un fardello enorme con dignità, con la pace nei confronti del prossimo.

La struttura narrativa è un po’ particolare, perché si evolve come si trattasse di un diario, il diario di Raffaele dettato a Diego. Nella prima parte del romanzo vengono presentati i personaggi: è una presentazione lunga la loro, empatica. Perché chi, come me, è stato ragazzino negli anni ’80 non potrà fare a meno di immedesimarsi.

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