Perché “5 canzoni che se ne capite il significato, non le cantate più così a cuor leggero” era troppo lungo, ma avrebbe reso meglio l’idea.

di Paolo Merenda

Alcune canzoni sono meravigliosamente insondabili. Senza scomodare cantori come Bob Dylan, premio Nobel per la Letteratura, ci sono e ci sono stati artisti della parola in grado di miscelare con il giusto ritmo musicale pezzi che rimangono nei nostri cuori e nella nostra testa. Ma talvolta capita che cantiamo sotto la doccia canzoni, passando dai Beatles a Caparezza, dal significato ben diverso rispetto alle note allegre che lo accompagnano.

La dicotomia, quasi stridente, tra una dolce melodia e i temi più insidiosi e scottanti di attualità sono una sfida per diversi cantanti o gruppi, e forse tra i capostipiti si possono annoverare appunto i Beatles.

Beatles – A day in the life (1967)

Ultima traccia del capolavoro Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band del 1967, è la prima, in ordine cronologico, della nostra classifica. Qui il significato non è nemmeno tanto nascosto, si parla chiaramente di un incidente automobilistico. Un incidente reale, cioè quello in cui perse la vita Tara Browne, amico dei Fab Four e giovane ereditiero nell’azienda Guinness, quelli della birra e, nella persona dell’amministratore delegato in carica nel 1951, Hugh Beaver, fondatori dei prestigiosi Guinness World Records. Nonostante sembri un pezzo allegro, è stato un modo per John Lennon e Paul McCartney di superare il lutto.

Inoltre, pochi anni più tardi venne preso tra gli esempi per dimostrare la teoria Paul is Dead, ovvero la celebre leggenda secondo cui Paul McCartney sarebbe morto e sostituito da un sosia. Questo a causa principalmente di due versi, piuttosto espliciti: «É andato fuori di testa in macchina / Non si era accorto che la luce del semaforo cambiava». Successe perché lo sfortunato incidente in cui perse la vita Tara Browne non avvenne a un semaforo, ma per la forte velocità del giovane su una macchina sportiva unita a un’altra automobile che gli tagliò la strada, a differenza dell’incidente in cui sarebbe morto Paul, accaduto appunto in un incrocio per un avventato passaggio col rosso. Un dubbio che gli amanti delle teorie del complotto avranno per sempre.

Sì, nel video ci sono anche Mick Jagger, Keith Richards e Brian Jones, ovvero i tre originali fondatori dei Rolling Stones, i primi due in attività ancora oggi sui palchi di tutto il mondo.

Orchestral Manoeuvres in the Dark – Enola Gay (1980)

Gli anni ’80 sono stati depositari di un cambio musicale amatissimo ancora oggi. Le sperimentazioni, i ritmi elettronici che presero il sopravvento sui classici strumenti dei gruppi rock non vietarono, anzi aiutarono il poter parlare di temi ancora dolorosi per l’umanità. Un esempio fumoso e famoso è Tainted Love dei Soft Cell (in realtà cover del 1981 di una canzone del 1965 di Gloria Jones), la cui traduzione è Amore contaminato, che si dice parlasse di AIDS. C’è poi il ballabile pezzo Enola Gay degli Orchestral Manoeuvres in the Dark: come il nome dovrebbe suggerire, parla della bomba atomica, denominata Little Boy, sganciata su Hiroshima dall’aereo Enola Gay, un buco nero nella storia dell’umanità. Eppure versi come «Il bacio che mi hai dato non svanirà mai più» è stato spesso frainteso con quello di una storia d’amore finita ed è stabile fra i pezzi delle allegre serate revival anni ’80.

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Mike Oldfield – Moonlight Shadow (1983)

Molti si fermano al titolo, Moonlight Shadow, che porta con sé la romantica immagine dell’ombra al chiaro di luna. Invece il testo, cantato magnificamente da Maggie Reilly, affronta un lutto tra i più duri. Una ragazza assiste, impotente, mentre il proprio fidanzato viene ucciso a colpi d’arma da fuoco. «Fu colpito per sei volte da un uomo in fuga / E lei non riusciva a farsi un varco per raggiungerlo» e nel ritornello «Resterò, pregherò / ci vedremo in Paradiso un giorno». Non proprio una canzone da canticchiare o, peggio ancora, da ballare nella versione originale o in una delle numerose cover realizzata nel corso di 40 anni.

Tra l’altro, per ricollegarmi al pezzo dei Beatles, molti hanno supposto che si riferisse all’omicidio di John Lennon, ma Mike Oldfield ha chiarito che non fu quella l’ispirazione, bensì un film del 1953, anche se casualmente arrivò a New York pochi giorni dopo l’assassinio del marito di Yoko Ono e prese una casa in affitto a poca distanza dal Dakota Building, dove Lennon era stato ucciso da Mark David Chapman. Aggiunse anche che forse il suo inconscio aveva “inserito” Lennon nel filone principale del pezzo, un triste lascito dei Beatles.

Bronski Beat – Smalltown boy (1984)

L’omofobia fu un altro tema toccato più volte dalla musica anni ’80. I Bronski Beat, da sempre vicini alle tematiche LGBT (fin dall’album d’esordio, su cui tornerò tra qualche riga), con Smalltown Boy amalgamarono una musica allegra a un testo in cui un ragazzo viene bullizzato e picchiato da alcuni omofobi, poi torna a casa e lì viene trattato da colpevole dai genitori, fin quando non decide di lasciare la cittadina in cui vive perché ne opprime la vera natura. Il testo, seppur chiaro nell’essere un forte manifesto sociale, finì nel calderone dei pezzi ballabili dove rimane ancora adesso.

Ma parlavo dell’album d’esordio, da cui è tratto appunto il pezzo Smalltown Boy. Uscì nel 1984 col titolo The age of consent (L’età del consenso). In Gran Bretagna, da dove venivano i membri della band, l’età del consenso per rapporti eterosessuali era meno elevata di quella dei rapporti omosessuali, una discriminazione latente che i Bronski Beat vollero portare alla luce del sole. Nel 2018, un altro artista, stavolta italiano, diede lo stesso nome a un suo album. È stato Immanuel Casto, esponente del mondo LGBT e persona colta e intelligentissima, tanto da essere diventato presidente del Mensa Italia dall’anno successivo, carica che ricopre ancora oggi. Il Mensa raccoglie appunto le persone più intelligenti del pianeta, come Sylvester Stallone e i pochi altri capaci di trovarsi con un QI superiore al 98% della popolazione mondiale.

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Caparezza – Vieni a ballare in Puglia (2008)

Il grandissimo genio creativo che risponde al nome di Michele Salvemini, in arte Caparezza, con Vieni a ballare in Puglia, nel 2008, replicò un canovaccio già sviluppato nel 2003 con Fuori dal tunnel. Quello, cioè, di una melodia leggera (per Vieni a ballare in Puglia scelse la pizzica, in Puglia molto sviluppata) unita a un testo totalmente differente. Come in Fuori dal tunnel, la canzone divenne una hit con tanto di suonerie per telefonini e remix da discoteca. In realtà, Vieni a ballare in Puglia invita sì a ballare sul lembo d’Italia, ma per evitare una «Abbronzatura da paura con la diossina dell’ILVA», oppure dicendogli «Vieni a ballare compare nei campi di pomodori / Dove la mafia schiavizza i lavoratori / E se ti ribelli vai fuori». Il clou si raggiunge con «Turista tu balli e tu canti, io conto i defunti di questo paese», ma niente di tutto ciò è bastato a evitare che venga cantata e ballata ancora oggi da quegli stessi turisti in vacanza del Salento, e a volte dagli autoctoni che si sono fermati alla musica senza scandagliare il testo.

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