È di questi giorni la notizia dell’ennesima vittima di cyberbullismo, ma a differenza di altri casi, di persone invisibili, a perdere la vita è stata una wrestler giapponese in rampa di lancio, Hana Kimura, di soli 22 anni.
di Paolo Merenda
Le persone invisibili, se mi passate il termine, sono già una tragedia, perché dietro un nome o un numero si nasconde una famiglia affranta per un giovane che si suicida. Ma quando a togliersi la vita è una persona più in vista, la tragedia sembra maggiore, per il seguito di fan che si sono creati. E, come in altri casi, può essere l’occasione per affrontare alla base il problema.
Ma chi era Hana Kimura? Figlia d’arte, come spesso accade nel paese del Sol Levante e nella lucha libre messicana (la madre, Kioko Kimura, era stata wrestler a sua volta), dopo l’esordio nel 2016, a soli 18 anni, stava facendo incetta di titoli e competizioni nella World Wonder Ring Stardom, federazione di joshi puroresu (di wrestling femminile) giapponese. La Stardom è parte della New Japan Pro Wrestling, quindi le donne che combattono lì hanno già un piede nella porta del wrestling che conta a livello mondiale.
Kimura aveva fatto sue le cinture tag team Goddess of Stardom e Artist of Stardom in diversi momenti e, dopo aver perso i titoli, nel settembre 2019 si era tolta la grossa soddisfazione di aver vinto la competizione 5 Star Grand Prix, di cui sarebbe la detentrice in carica in vista della prossima edizione.
Purtroppo il fenomeno dei troll sui social network non manca neppure per il wrestler meno quotato di piccole federazioni, figurarsi una come lei, che ovviamente per vincere doveva battere altre atlete, scatenando orde di fan dell’avversaria dopo la sconfitta della loro beniamina. Un meccanismo del tutto logico e che fa parte del lavoro che fanno, ma che assume connotati drammatici se gli hater prendono di mira per lungo tempo una ragazza di 22 anni.
Oltre che nel mondo del wrestling, Hana Kimura era conosciuta per il reality show Terrace House, in onda su Netflix, in cui doveva dividere un appartamento a Tokio con altre persone. Non è certo il primo caso di wrestler che appare in una serie Netflix, basti pensare in tempi recenti a Big Show, che con Lo show di Big Show è stato tra i più visti e apprezzati sulla piattaforma.
Nel caso di Hana Kimura, pare che l’esperienza su Netflix non sia andata altrettanto bene: la maggior parte dei suoi hater è recente, e sopraggiunta a valle di un forte litigio con un altro concorrente del reality. Così il gesto del 23 maggio è stato una conseguenza del bullismo, della fragilità di Kimura e altri fattori. Il suo ultimo tweet (con fotografie delle braccia dopo atti di autolesionismo) diceva appunto delle oltre 100 critiche che le arrivavano in un solo giorno. Poi continuava con
«È stata una vita in cui avrei voluto essere amata. Sono debole, mi dispiace. Non voglio più essere umana.»
Pare che subito dopo questo tweet, alle quattro del mattino circa, ora locale, si sia suicidata ingerendo acido solfidrico, già abbastanza velenoso solo inalandolo.
Il parallelismo con un’altra serie Netflix, Tredici, è forte, ma il punto è la coltre di nebbia dietro cui si nascondono i bulli quando sono a una tastiera. Bastano pochi passi per creare un profilo finto, e da lì partire col fare il troll in gruppi social affollati, nella migliore delle ipotesi. Come ha detto in un tweet Dakota Kai, altra wrestler giapponese, ma in forza alla Wwe, in seguito alla scomparsa di Hana Kimura,
«Queste sono persone vere. Non solo personaggi in uno show televisivo, in un film o qualsiasi altra cosa.»
Ecco, il passaggio che forse non vedono, o fanno finta di non vedere, gli hater, è che con un profilo falso l’insulto sul peso, sesso, fede religiosa o qualunque altra cosa, non arriva meno forte nello stomaco. Anzi, magari è il contrario, ed eventi tragici come questo sono segni indelebili sul cammino.