Netflix cancella Le Terrificanti Avventure di Sabrina e rinnova The Crown: una piccola riflessione sui meccanismi delle serie in streaming.
Qualche anno fa, quando Netflix era forse alla seconda o terza stagione di Orange Is the New Black (una delle sue prime produzioni di maggior successo, giunta a scadenza “naturale”), Il Post pubblicò un articolo che ricordo bene e che mi piacque molto. Parlava del modo in cui la piattaforma stava cambiando il metodo della fruizione delle serie televisive. Non solo il fenomeno del bingewatching – per cui guardiamo tutta una stagione o un intero telefilm di seguito – ma soprattutto il fatto che molti di noi hanno scoperto solo con Netflix i finali di serie che andavano in tv. Anche abbastanza recenti, come How I Met Your Mother o Mad Man, o relativamente tali come Friends. Io sono una di questi, almeno con Friends, che abbandonai all’epoca della trasmissione televisiva forse alla terza o quarta stagione. E che invece con Netflix ho imparato a memoria.
In questi giorni sono uscite due notizie interessanti in quanto a rinnovi e cancellazioni. Da un lato è stata cancellata Le Terrificanti Avventure di Sabrina, dall’altro è stata rinnovata per una sesta stagione The Crown, che invece avrebbe dovuto terminare alla quinta stagione. Devo spiegarvi bene un po’ di cose però, altrimenti rischiamo di non comprendere bene quello che sta accadendo.
Per Sabrina è stata realizzata già una quarta stagione, che andrà in onda probabilmente entro fine anno: bisognerebbe capire a che punto si è con produzione e post-produzione, perché il coronavirus ha rallentato enormemente il lavoro cinematografico e televisivo. Quel che è certo è che la quarta stagione c’è, come in effetti risulta da un post social di Netflix dell’inizio del 2020.
C’è stato grande entusiasmo nelle due prime stagioni per Sabrina. Da un lato c’era questa fantastica giovane attrice emergente, Kiernan Shipka, che molti di noi avevano già ammirato e visto crescere in Mad Men. Dall’altro, assistevamo a una nuova serie spiccatamente femminista, cosa che per chi, come me, era rimasta orfana di Buffy l’Ammazzavampiri, era assolutamente fantastico. Sabrina è la nuova icona del femminismo intersezionale dopo Buffy, ma forse la portata di questo simbolo è stata in un certo senso sottovalutata.
C’è stata poi la terza stagione, che sembrava aver rinnovato gli entusiasmi. I miei cominciavano a vacillare, tra personaggi per i quali non nutrivo grande interesse ed esibizioni musical soporifere. Capisco che il format è quello della Archie Comics – da cui discende anche Riverdale – ma le esibizioni in Riverdale sono tutt’altro che noiose (e non lo dico solo perché sono follemente innamorata di Madelaine Petsch).
Non abbiamo idea di cosa abbia portato alla scelta della cancellazione di Sabrina. Certo, la terza stagione è sempre difficoltosa per qualunque serie tv. Ma si parlava anche da tempo di un crossover con Riverdale (dato che i due telefilm fanno parte dello stesso universo). E in questi giorni abbiamo scoperto che il crossover era stato previsto dalla produzione per la quinta stagione: le streghe di Greendale avrebbero incontrato le streghe di Riverdale, qualunque cosa significhi – dato che fino alla fine della quarta stagione non c’è traccia di soprannaturale a Riverdale, ma tutto ciò che accade ha una mano umana. È pur vero però che Sabrina e Riverdale si rivolgono, se non nelle intenzioni nei fatti, a pubblici differenti: la prima a un segmento giovanile, la seconda a quarantenni e cinquantenni che amano David Lynch e il cinema d’autore.
Per The Crown è accaduta una cosa molto diversa. Inizialmente la serie doveva durare sei stagioni, con un recast per ragioni anagrafiche ogni due. Poi nei mesi scorsi, si è parlato di conclusione alla quinta stagione, per poi assistere a un dietrofront nei giorni scorsi: la sesta stagione si farà e probabilmente si arriverà ai primi anni 2000, con la morte della Regina Madre Elisabeth Bowes-Lyon e della Principessa Margaret, che finora sono stati due personaggi cruciali negli eventi romanzati dalla serie.
Il discorso sui prolungamenti e le cancellazioni sta diventando un po’ schizofrenico. E non ha a che fare solo con Netflix, ma con l’eccessiva offerta di serie tv che tra l’altro notiamo in tendenza crescente sulle diverse piattaforme streaming. È eccessiva perché il tempo a disposizione, anche fossimo nullafacenti, non basterebbe comunque a vedere tutte le serie di un catalogo. Immaginiamo tra l’altro che diverse persone possano essere abbonate a due o più piattaforme. Per carità, la diversificazione e l’eclettismo andrebbero anche bene, ma è fisicamente impossibile guardare anche solo tutto ciò che ci interessa anche lontanamente.
Naturalmente, il risultato è che sono gli ascolti a dominare il processo creativo. Non è per nulla scontato: credevamo che le piattaforme streaming non avrebbero adottato gli stessi processi della televisione tradizionale, e invece così non è stato. Quella che è la nostra percezione è che le piattaforme streaming abbiano fatto un buon gioco a creare o quanto meno a riunire un folto pubblico consapevole e alla ricerca del bello. Ma non sempre accade, altrimenti non sarebbe stata cancellata anche The OA.