È uscito nei mesi scorsi per i tipi di Musicaos Poesie (1970-1983), opera omnia dell’autore Salvatore Toma.
Nel Salento, poeticamente parlando, ci sono alcuni punti fermi nella poesia contemporanea. Tre scrittori, che ora non ci sono più, scomparsi troppo presto per diverse ragioni, costituiscono una triade artistica che, precorrendo i tempi, ci ha mostrato una strada della poesia decisamente fuori dalla tradizione: sono Antonio Verri, Claudia Ruggeri e naturalmente Salvatore Toma.
I libri di Salvatore Toma erano, fino a poco tempo fa, praticamente introvabili, se non in singole biblioteche (come risulta dal sistema bibliotecario nazionale). Di disponibile c’era solo una raccolta, a cura di Maria Corti per i tipi di Einaudi, Canzoniere della morte, bellissima ma anche molto parziale. Sostengo da tempo che Toma vada letto tutto e non solo vadano lette le sue poesie, andrebbero esplorati anche i suoi disegni e le sue foto.
Un’opera omnia, pensavo fino a qualche mese fa, sarebbe stata doverosa per ricostruire il pensiero dell’autore, che deve essere compreso in toto. Per capire vi faccio un esempio pratico su una questione che mi sta particolarmente a cuore: nel corpus poetico di Toma sono presenti molte poesie contro la libera scelta femminile. Antiabortiste dovremmo dire, utilizzando un termine ricorrente dell’epoca in cui Toma visse e scrisse. Certo, se fosse vivo, sarebbe stato quanto meno interessante discuterne con lui, ma non abbiamo questa fortuna. E allora, come possiamo capire queste liriche con la sensibilità di oggi? Semplice: restituendo al lettore l’intero pensiero poetico dell’artista. Toma non era un antiabortista come lo intenderemmo oggi, non era un reazionario (anzi, era rivoluzionario): le sue poesie rappresentano, singolarmente e in gruppo, un atto d’amore per la vita. Toma accarezza animali e fiori nei suoi versi e la sua opposizione alla libera scelta è tutta in questa logica: chiunque non abbia voce deve poterla avere.
C’è poi la questione della ricostruzione della vita poetica dell’artista. Una raccolta parziale delle sue poesie non permette di ricostruire la rete di affetti e passioni intorno a lui, che sono fondamentali all’interno di un discorso che è anche filologico oltre che contenutistico. Prendiamo quella che forse è la sua poesia più celebre, La mia è una donna favolosa: nelle varie parti che la compongono assistiamo a cambiamenti di registro, a spostamenti, inversioni, impossibili da comprendere se non si ha il quadro delle sue passioni letterarie, dei suoi studi, di quei libri che ha letto e riletto tante volte. In La mia è una donna favolosa sono presenti chiaramente degli echi greci, c’è la Saffo di Mi appare simile agli dei, c’è un ritmo beat che richiama il suo interesse per i nativi americani.
E c’è anche dell’altro. Mettiamo il caso che si voglia trarre una raccolta dalle sei sillogi che Toma pubblicò in vita. Da queste sei dobbiamo obbligatoriamente escludere Ad esempio una vacanza (a Babi), perché estrapolare una qualunque lirica da quel contesto significherebbe spogliare la raccolta della sua bellezza, consegnarla al lettore priva di riferimenti. Tanto che a volte uso un termine musicale per definire questa silloge: concept album.
Così, quando ho saputo che l’editore Luciano Pagano di Musicaos ha curato l’opera omnia di Toma ho tirato un sospiro di sollievo: finalmente gli studenti e gli appassionati di tutto il mondo avrebbero avuto accesso all’intera opera del poeta nella sua integrità, suggestione, rivoluzione. E in più Pagano l’ha accompagnata da un apparato critico che permette di ricostruire chi era Toma, cosa scriveva e perché lo scriveva, quali furono i suoi incontri letterari, i suoi studi, i suoi affetti. E infatti, oltre alla prefazione di Pagano troveremo nel volume degli interventi critici puntuali e attenti di Benedetta Maria Ala, Lorenzo Antonazzo, Annalucia Cudazzo e Simone Giorgio.
Poi naturalmente ognuno può leggere quest’opera omnia come meglio crede. Io, che sono cresciuta con le poesie di Toma e ho letto più volte i suoi versi, sono partita proprio dall’apparato critico, per poi rileggere le liriche in ordine di pubblicazione. Ora che ho finito il libro, lo rimetterò probabilmente sul comodino, accanto a Foglie d’erba di Walt Whitman, così che, quando ne senta la necessità, possa aprire una pagina a caso e rileggere.
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