Da ieri si parla di seconda ondata di coronavirus. Mentre temiamo tutti un nuovo lockdown, io mi sono vista Homemade su Netflix.

In Italia, la promozione di Homemade su Netflix ha puntato su uno dei corti presenti nella serie, il secondo, diretto da Paolo Sorrentino, dal titolo Voyage Au Bout De La Nuit. Molto divertente, piacevole, uno dei migliori ma non il migliore. Sorrentino è partito da una buona idea: dato che siamo in lockdown e ognuno è solo in casa, e se gli attori fossero dei pupazzetti? Sulla sua sceneggiatura, il regista partenopeo fa muovere i pupazzetti della Regina Elisabetta II e – decisamente una scelta più scontata, vista la sua passione per i pontefici – Papa Francesco I. Il dettaglio delizioso è che Sorrentino abbia fatto muovere i suoi pupazzi lungo una storia tuttavia sorprendente, ricorrendo al poco materiale di scena a sua disposizione, ma ricco delle idee nella sua mente estremamente creativa.

E così hanno fatto anche gli altri registi. Ora vi dico quali corti mi siano piaciuti particolarmente, oltre all’ultimo, Pedala e passerà di Ana Lily Amirpour. Questo corto mostra la corsa in bici di una ragazza a Los Angeles e apre uno scenario possibile all’interno di quello che potrebbe essere il futuro della produzione cinematografica ai tempi del Covid-19: è un corto che utilizza mezzi e modi decisamente notevoli rispetto alle risorse degli altri artisti che hanno preso parte a Homemade (c’è pure la voce narrante di Cate Blanchett), e quindi quello che penso è che forse cominceremo a girare film fondati su una buona idea e a delle buone professionalità più che su futuri trailer blasonati. C’è poi una frase che viene pronunciata nel corto che mi ha colpita:

Contate le cose che non ci sono più? O quelle che vi sono rimaste?

Così conto sulle mani i corti di Homemade che mi hanno commossa: sicuramente The Lucky Ones, in cui la regista Rachel Morrison scrive una lettera al figlio per rassicurarlo in un momento difficile. C’è poi Mayroun e l’Unicorno di Nadine Labaki e Khaled Mouzanar, in cui una bambina immagina, in una sola ripresa con uno smartphone, un’avventura dai risvolti agghiaccianti che però tiene viva la speranza. E ancora Un dono inaspettato di Gurinder Chadha (regista di Sognando Beckham), che spiega come il lockdown ci abbia dato il dono del tempo, tempo che molti di noi hanno utilizzato panificando, ma la regista ha sfruttato per trascorrere più tempo con i suoi figli e permettendo loro di connettersi sempre più con le proprie radici culturali.

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Di radici culturali parla anche e soprattutto La ricetta dei ravioli di mamma di Johnny Ma. Il regista, non si sa se in una storia realmente autobiografica o inventata, ripercorre l’ultimo incontro prima del lockdown con sua madre, cinese, che non approva il rapporto del figlio con una donna messicana e i figli di lei nati da precedente relazione. Il regista però decide di mostrare ai figli della compagna, ora anche suoi figli, come la madre preparava il suo piatto preferito: i ravioli. Si tratta di un meraviglioso spaccato, su un mondo chiuso in casa ma in realtà senza confini (o muri).

Avevo delle grandi attese per Penelope, il corto della mia adorata Maggie Gyllenhaal, ma sinceramente non l’ho capito molto. Ho apprezzato per l’ironia Una coppia si lascia durante il lockdown di Lungano Nyoni e soprattutto Last Call di Pablo Larrain. Quest’ultimo corto racconta di un uomo, che dice di aver contratto il coronavirus nella sua rsa, che chiede a tutte le sue numerose ex di accudirlo. Naturalmente non ci casca nessuna e probabilmente lui ha inventato la malattia. Un modo intelligente per dissipare i fantasmi del virus, che esiste, ma questo non significa che non possiamo utilizzare anche l’ironia, oltre alle mascherine, per sopravvivere.

Homemade ha raccolto il 94% dei consensi della critica su RottenTomatoes, ma non è piaciuto altrettanto al pubblico. Lo comprendo: forse alcuni dei registi non sono riusciti a mostrare l’efficacia della loro idea, segno che, se un’idea è buona, un film si può girare anche con un iPhone, ma se non sappiamo spiegarci, non riusciamo a raggiungere davvero le persone.

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