The Wrestler è un film meraviglioso sul wrestling, sulla vita, sui sentimenti.
di Paolo Merenda
Nel 2008 in America (a dicembre) e nel 2009 in Italia (6 marzo) è stato lanciato un film che in qualche modo ha fatto la storia, trattando il tema del wrestling attraverso una trama fictional che ha avuto grossi apprezzamenti, oltre a portare al suo protagonista Mickey Rourke un premio Bafta e un Golden Globe e una nomination all’Oscar che, come quella a Sylvester Stallone per Rocky, grida ancora vendetta per non essersi trasformata in una statuetta vinta.
E il paragone con Rocky non è un caso, come ha fatto notare il wrestler Triple H, autore di grandissimi incontri a Wrestlemania e, di fatto, il numero 2 della Wwe insieme alla moglie, dietro a Vince McMahon. Triple H, che scritturò Mickey Rourke appunto per Wrestlemania nel 2009, facendolo lavorare in un segmento con Chris Jericho, non certo un novellino a sua volta, affermò che come Rocky è un delicatissimo film sulla vita di un uomo che casualmente è un pugile, così The Wrestler tratta la vita di un uomo prima ancora del tema del wrestling.
Rourke è Randy “The Ram” Robinson, una vecchia gloria del wrestling, autore di uno degli incontri più iconici della storia, ma ormai caduto in disgrazia e che sbarca il lunario con apparizioni in piccole federazioni indipendenti (per capirci, come quella in cui Macaulay Culkin ha fatto a sua volta un’apparizione). Tra un’ex moglie e una figlia che lo odiano, la sua vita si svolge sul ring nonostante l’età e gli acciacchi fisici. Fin quando non ha un infarto e deve smettere, anche con le droghe di cui è abituale consumatore. Potrebbe essere la svolta, specialmente dopo che il rapporto con la figlia Stephanie (Evan Rachel Wood) sembra migliorare e grazie alla storia d’amore che sembra stia per nascere con la ballerina di lap dance Cassidy (una splendida Marisa Tomei, esteticamente e come prova attoriale), ma nessun uomo sfugge al proprio destino.
In effetti The Wrestler è la storia di un uomo, la storia delle fragilità che lo hanno portato ai margini nonostante un glorioso passato. Il match storico che ha affrontato al culmine della carriera strizza l’occhio a Hulk Hogan contro André The Giant, giudicato tra i più significativi della disciplina, come per sottolineare che nessuno sia esente, con scelte sbagliate ripetute, a cadere e toccare il fondo. Il regista, Darren Aronofsky (Il cigno nero, Noah, Madre!) ha catturato le debolezze di un ex wrestler che non si è mai arreso a cambiare quella vita frenetica, inseguendo l’adrenalina di un applauso e un coro del pubblico ancora e ancora.
Curiosità interessanti, che fanno capire quanto la pellicola sia stata curata nei dettagli, sono le apparizioni di veri wrestler, come R-Truth, Cesaro, Nigel McGuinness (tutti e tre in Wwe, i primi due come atleti e il terzo come commentatore), Ernest “The Cat” Miller, ex Wcw e Wwe (il suo antagonista sul ring, nel film), e Necro Butcher, forse non il nome più altisonante ma quello che permette meglio di altri di guardare cosa succede nello spogliatoio (lui e Rourke interagiscono dopo un incontro). Anche la musica ha fatto la sua parte: Bruce Springsteen ha scritto apposta una canzone che porta lo stesso titolo del film. Pellicola da vedere e, a questo punto, anche da ascoltare.