Uno dei marchi di fabbrica dei lavori di Matt Groening, dai Simpson a Disincanto, sono le citazioni letterarie. Quella del finale di Futurama non è immediata, ma c’è.
di Paolo Merenda
Futurama, diciamolo, ha avuto una storia lunga e travagliata. Rispetto al suo cugino più vecchio, I Simpson, che è a quota 32 stagioni consecutive dal 1989, di cui l’ultima in corso nel momento in cui scrivo, un parco giochi a tema e merchandising di tutti i tipi, Futurama è di fatto fermo con 7 stagioni all’attivo. E nemmeno consecutive, dato che le prime quattro sono state realizzate tra il 1999 e il 2003 e le ultime tre dal 2007 al 2013. Particolarmente significativa la quinta stagione, in realtà 4 film collegati l’uno all’altro, il cui fine ultimo è narrare, oltre alle storie principali di ogni film animato, come Fry e Leela si avvicinino sempre più per terminare il quarto con il tanto sospirato bacio, atteso dai fan per anni.
Come ho detto, lo show con l’ultracentenario Hubert J. Farnsworth e l’irriverente robot Bender ha avuto vita travagliata, e già la sesta stagione, senza rinnovi in vista, era stata pensata per dare un commiato al pubblico. La penultima puntata, Processore accelerato, infatti tratta di come sarebbe potuta andare la vita insieme di Philip J. Fry e Turanga Leela, ma attraverso delle note (che lo spettatore non può vedere) scritte da un Bender accelerato e che si sposta nel tempo.
Per fortuna c’è stata una settima stagione, nella quale Zoidberg trova l’anima gemella e Bender la malvagia socia per piccoli crimini (Puzza e sentimento), Fry parla con la madre che si rivela essere più umana di quanto descritto fino a quel momento (Il gioco dei suoni) e specialmente nell’ultima puntata in assoluto Fry e Leela si sposano e vivono tutta la vita insieme (Nel frattempo), seppur in una dimensione spazio-temporale diciamo peculiare.
La parte che mi ha colpito è stata una citazione davvero singolare, che entra nelle vicende e ne forma un difficile nodo da sciogliere per raggiungere successivamente il climax finale. Il professor Farnsworth crea un telecomando che porta indietro gli eventi di 10 secondi. In un momento di sconforto amoroso, Fry si lancia da un palazzo per togliersi la vita ma scopre che Leela non lo ha lasciato, individuandola tra le persone a terra, molti piani più in basso, mentre sta entrando per raggiungerlo e accettare la sua proposta di matrimonio. Fry, che ha il telecomando con sé, preme il pulsante ma si rende conto che 10 secondi non bastano: stava cadendo da almeno 15, a quanto pare, e si ritrova in un loop in cui cade sempre, all’infinito, e per non spiaccicarsi sul marciapiede preme e ripreme il pulsante. Una storia kafkiana, o meglio ancora alla E.C. Tubb.
Infatti lo scrittore Edwin Charles Tubb, vissuto tra il 1919 e il 2010, negli anni ‘70 scrisse il racconto Lucifero! nel quale un uomo trova un anello che permette, premendo la pietra incastonata a mò di pulsante, di spostarsi indietro nel tempo di 57 secondi. Utilizza questo potere per crearsi, un minuscolo pezzetto alla volta, una vita di grandissimo successo, non disdegnando scelte prive di scrupoli. In seguito a un incidente aereo, viene sbalzato fuori con gli altri, perde i sensi e quando li riacquista, preme ovviamente il pulsante sull’anello. Ma 57 secondi non bastano, e prima rivive ripetutamente l’incidente, poi in seguito a un ritardo dovuto a una disattenzione i 57 secondi lo fanno tornare indietro a un momento in cui stava già cadendo. La caduta infinita è in pratica la stessa di Fry, ed è una citazione che Matt Groening ha pescato da un racconto che, pur avendo vinto un prestigioso premio nel 1972, rimane più o meno di nicchia.
La forza delle sue opere è appunto prendere particolari qua e là e dargli un nuovo contesto nei cartoni che produce, spingendo magari il pubblico a informarsi per saperne di più su un determinato aspetto. E il racconto Lucifero! di E. C. Tubb è una di quelle cose che merita. Lo si può trovare in una pubblicazione recente (2018 edizione originale, 2019 quella italiana) nell’antologia Odio volare, curata da Stephen King e Bev Vincent, nella quale oltre a racconti dei giorni nostri ve ne sono alcuni storici, da Arthur Conan Doyle in poi.
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