Sono ormai oltre dieci anni che i fan di tutto il mondo si chiedono: ma la trottola di Inception alla fine si ferma o gira all’infinito?

di Paolo Merenda

Del regista Christopher Nolan ho visto tutti i film tranne uno. Nel seguirlo assiduamente nelle sue produzioni, dal 1998 a oggi, ho sviluppato una rosa dei migliori tre, che nell’ordine di uscita sono Memento, The Prestige e Inception. Proprio su quest’ultimo lavoro, del 2010, si è parlato di più, per il cervellotico finale ma non solo. La trama riguarda un gruppo, capitanato da Dominic Cobb (Leonardo DiCaprio), che “estrae” dal subconscio delle vittime informazioni riservate per rivenderle all’offerente che ha commissionato il lavoro. Per farlo, viaggia nei sogni delle persone grazie a un architetto dei sogni e a molte altre figure, ricreando una vita parallela durante il sonno, in cui i dati da estrarre sono più facili da reperire.

Ma nessuno, nel gruppo, ha una vita a prova del proprio subconscio, men che meno Dominic Cobb, la cui moglie si è suicidata proprio per aver ricorso troppo a una vita parallela nei sogni. E quindi, ogni missione si trasforma in un pericolo, che travalica i confini del vero e del falso. Cobb ha difatti problemi legali per cui è perennemente in fuga, una metafora di come si sia sempre in fuga da una parte di se stessi.

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Molti sono appunto i temi trattati nel film, a partire da quello di più facile lettura, l’alienazione da ciò che si è e che si vorrebbe cambiare. Tutti loro ricreano vite, ma la cosa ben studiata è che non sempre sono migliori della loro versione reale. In questo, ricorda Shutter Island, altra pellicola sempre con DiCaprio e in cui recita una splendida Michelle Williams.

Il finale, che posso anche spoilerare data la difficoltà della trama, vede Cobb che finalmente si ricongiunge ai figli, ma non è detto che sia così: il suo amuleto per riconoscere la realtà, una trottola che nel sogno invece di fermarsi gira all’infinito, viene inquadrata, ma si va in nero mentre ancora gira. Interessante il tremolio sugli ultimi fotogrammi, come se stesse rallentando per poi cadere, ma di fatto non lo fa. Tempo fa lessi un’intervista a Michael Caine, che diceva di come una prima versione prevedeva che la trottola cadesse, salvo poi venire tagliata. Ma, interviste a parte (aspetto ancora quella degli attori di Dark per sapere come l’agente Wöller si sia fatto male all’occhio nella finzione scenica), resta un finale curato alla perfezione dal regista, così come tutto il film.

Il nostro parere è che Cobb potrebbe essere rimasto intrappolato nel suo stesso sogno, perché in realtà la trottola continua a girare e sebbene i volti dei bambini non siano lontani nella memoria ma una visione tangibile per il protagonista. Ma quello che dovremmo chiederci in realtà è: chi è il sognatore? E se il sognatore fosse lo spettatore e l’intero film fosse il suo stesso sogno?

Oltre a Christopher Nolan dietro la macchina da presa, il cast è stellare: ci sono i già citati Leonardo DiCaprio e Michael Caine, poi Joseph Gordon-Levitt, Tom Hardy, Marion Cotillard, Ken Watanabe, Cillian Murphy, Elliot Page. Al netto di una buona trama, ottima fotografia, grandi performance degli attori, i 4 Oscar guadagnati vanno addirittura stretti per un progetto vincente fin dal primo giorno. Se volete vederlo, Inception è attualmente nel catalogo Netflix.

La bellezza di Inception corre lungo diverse direttrici. C’è la bravura attoriale di un cast decisamente internazionale. C’è l’estetica delle immagini in computer grafica (la prima architettura di prova di Ariadne è un piccolo capolavoro e richiama un must watch del cinema di tutti i tempi, Ultimo tango a Parigi). C’è il rapporto tra i coniugi Cobb sempre sul filo del rasoio, e in generale la relazione che intercorre tra Dominic Cobb e i suoi compagni di avventura che forse non esistono o forse sì.

Inception è un film di tensione, ma non è un thriller. È una pellicola misteriosa e non solo per il finale che pone un punto interrogativo che occupa la testa dello spettatore. È un film che esplora le paure e i rimpianti di un essere umano, il senso di insoddisfazione che un esilio comporta, il bisogno di ricongiungersi con gli affetti più cari. Per un paio d’ore diventiamo tutti Dominic Cobb, cerchiamo di immaginare come sia la sua vita, quel sentirsi intrappolato nella lontananza.

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