Si tratta dei versi della Divina Commedia di Dante Alighieri che fanno maggiormente sorridere gli adolescenti da sempre: ora ve li spieghiamo.

Il primo canto del Paradiso, terza cantica della Divina Commedia di Dante Alighieri si apre con un’invocazione ad Apollo. Dopo aver invocato le Muse nel Purgatorio, il poeta toscano capisce di doversi rivolgere a una divinità per poter trattare la materia più alta della sua opera, quella in cui risplende e penetra di più «la gloria di colui che tutto move».

Ma quando in classe si legge il primo canto del Paradiso a molti scappa una risatina che non dovrebbe mai scappare. E succede per questi versi.

«Entra nel petto mio, e spira tue
sì come quando Marsïa traesti
de la vagina de le membra sue.»

All’interno dell’invocazione ad Apollo, Dante chiede infatti al dio del Sole, della musica e della poesia, di entrare nel suo petto ed effonderlo delle sue arti. E di farlo così come quando scuoiò Marsia, che era un uomo e non una donna. Probabilmente Dante venne a conoscenza dell’episodio che cita nei propri versi dal modo in cui lo riportò Erodoto. Nelle sue Storie, lo storico greco spiega che Marsia volle sfidare Apollo in una gara musicale, che chiaramente perse. Così Apollo lo scuoiò vivo. Ma come ce lo racconta Dante?

Innanzi tutto immagina il gesto immediato, quasi uno schioccare di dita, che si riflette nella trascrizione del nome Marsia, che viene indicato con la dieresi, quasi a ricreare il suono del gesto di Apollo. Io lo immagino simile a un episodio di Buffy l’Ammazzavampiri, quando Dark Willow scuoia Warren nei boschi.

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Inoltre Dante usa questo termine, vagina. Non dovremmo mai ridere di questo termine. Innanzi tutto perché non è un termine sessuale, benché la vagina faccia parte dell’apparato sessuale. Tuttavia si confonde un po’ troppo spesso la vagina con la vulva: il canale della penetrazione in un rapporto sessuale penetrativo è infatti la vulva e non la vagina. Quest’ultima è un po’ più interna, giusto per semplificare le cose. E anche se ho specificato che Marsia è un uomo, dobbiamo ricordare che non solo le donne hanno la vagina, ma che quella di Marsia non è quella che intenderemmo comunemente.

«Vagina» però è usato da Dante in base alla sua etimologia. Il termine viene infatti dal latino e significa guaina: è come se la pelle di Marsia fosse la guaina che ne racchiudeva il corpo e l’essenza, e trarlo fuori dalla vagina delle sue membra significa tirare fuori corpo ed essenza da quell’involucro. Non vi stupisca. Ci sono altri termini che Dante usa nella Commedia in base al loro etimo. Uno di questi, sempre a tema sexy, è «perizoma».

Nel trentunesimo canto dell’Inferno Dante ci porta infatti tra i giganti a guardia del pozzo, prima di arrivare al lago di Cocito. E a un certo punto si parla di perizoma (nei versi che seguono), un termine di origine greca che significa «grembiule». (I giganti emergono solo per metà corpo, la riva fa loro appunto da grembiule. È un’immagine favolosamente evocativa).

La faccia sua mi parea lunga e grossa
come la pina di San Pietro a Roma,
e a sua proporzione eran l’altre ossa;

sì che la ripa, ch’era perizoma
dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto
di sovra, che di giugnere a la chioma

tre Frison s’averien dato mal vanto;
però ch’i’ ne vedea trenta gran palmi
dal loco in giù dov’omo affibbia ’l manto.

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