È uscito il nuovo libro di Walter Spennato, dal titolo Piccole storie finite male: si tratta di un libro breve ma intenso su tematiche profonde e d’attualità.

Dopo Piccoli omicidi del c*zzo e Quanto mi dai se ti uccido, Walter Spennato ha pubblicato, ancora una volta con Besa, il nuovo libro Piccole storie finite male. L’autore resta fedele allo stile che lo contraddistingue e mescola diversi registri per ottenere una scrittura che fa sorridere di un sorriso storto (come «l’uomo storto che aveva la faccia storta») e che soprattutto fa riflettere.

Piccole storie finite male si apre con una citazione dal film Joker di Todd Phillips ed è stato concepito come una musicassetta o un disco in vinile: c’è un lato A con 30 narrazioni, quando lo si finisce di leggere, si può girare il libro per leggerne altre 30. E questo è in un certo senso un numero ricorrente, come scrive lo stesso Spennato nelle primissime pagine.

Questo libro si legge in 30 minuti e 23 secondi. A volte, con la scusa che non si hanno 5 minuti per leggere, uno poi si dimentica dell’esistenza dei libri. E quando questo succede a troppe persone accade che il tuo cacchio di Paese finisce agli ultimi posti della classifica mondiale per il tempo medio dedicato settimanalmente alla lettura.

Altra particolarità “tecnica” del libro è il qr code a metà volume, che consente, se inquadrato con il vostro smartphone, di ascoltare una registrazione del live di Ippolito Chiarello per Psycho Killer – Quanto mi dai se ti uccido?, piece teatrale tratta appunto da una delle opere di Spennato.

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Cosa si può dire di questa ennesima, interessante opera di Walter Spennato? Innanzi tutto che l’autore conserva un’impostazione scrittoria simile alle opere precedenti – una specie di marchio di fabbrica, un prosieguo reale, non ideale delle opere precedenti – in cui prosa e poesia si mescolano, tra una citazione decisamente palese di Shining di Stanley Kubrick e un omaggio alla poesia del conterraneo Salvatore Toma.

Per Spennato, la forma si fa contenuto. In una galleria di disumanità contemporanea, il killer resta il solo elemento umano di una narrazione succinta, cinica e ritmata – a volte anche solo nell’identità di desinenze che danno il nome a tre diverse narrazioni/componimenti, cioè meritocrazia, burocrazia e partitocrazia.

Al lettore sfugge un sorriso, ma dietro la satira c’è la verità triste, pura e semplice di una quotidianità fatta di violenza, di tiggì grondanti sangue, della banalità del male che spesso si consuma tra le quattro mura di casa e a cui diamo il nome, abusato e consunto, di violenza domestica. E intanto Spennato non manca di fornire al lettore statistiche di approfondimento, citare Primo Levi o approfittare per puntare l’attenzione del lettore su argomenti importanti e d’attualità come il fine vita. Perché fornire tutti gli strumenti per comprendere la realtà non è certo un crimine, ma il più grande atto d’amore che si può fare verso chi legge.

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