Aldo Moro è nato a Maglie, in provincia di Lecce, nel 1916. A lui è intitolata la piazza principale del paese, ma ci sono cose che forse non tutti sanno.

A un occhio superficiale, la toponomastica di Maglie potrebbe apparire quanto meno bizzarra: la piazza principale del paese, in cui campeggia la statua a Francesca Capece (che permise l’istituzione della prima scuola pubblica in provincia di Lecce), è intitolata ad Aldo Moro, statista assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978. In piazza Francesca Capece c’è invece il busto di Oronzio De Donno iuniore, deputato del Regno d’Italia per tre legislature, al quale è dedicata anche una piazzetta a Napoli. Nella piazzetta Oronzio De Donno invece campeggia la statua di una Madonna. Ma non dovete pensare che si tratti di caos toponomastico.

Come funziona una commissione toponomastica
I nomi di strade e piazze in un qualunque paese italiano vengono scelti da una commissione comunale toponomastica, che segue determinati criteri (per esempio, se si intitola una via a una persona, questa deve essere morta da almeno 10 anni, salvo incontrovertibili meriti, com’è il caso, ovviamente, di Moro). La commissione toponomastica non è una normale commissione, non si riunisce periodicamente, né segue logiche politiche. Vi fanno parte di diritto l’assessore alla Cultura ed eventualmente il dirigente comunale del settore Cultura, oltre a vari membri delle associazioni culturali, come per esempio la Società di Storia Patria. Sono queste persone che decidono i nomi delle strade e lo fanno con dei criteri ben precisi, che non corrispondono a moti emotivi del momento (sebbene ammetto che nel 1978 deve essere stato un brutto colpo per chiunque l’assassinio di Moro).

La denominazione della piazza principale di Maglie
Per capire cosa sia accaduto nell’avvicendarsi di diverse denominazioni, bisogna ricorrere alla bibliografia di Emilio Panarese (che tra l’altro credo, se non ricordo male, fosse nelle commissioni toponomastiche che ci sono state prima della sua morte, nel 2014), compianto storico locale che già nel 1974 su Tempo d’Oggi, insieme con lo studioso e poeta Nicola G. De Donno, aveva dato vita a un’analisi della toponomastica cittadina. Questi studi sono confluiti in alcune pubblicazioni, ma la più esaustiva è Le vie di Maglie ieri e oggi, che si chiude al 1987, ma non ha grossa importanza: da allora ci sono stati al massimo 2-3 grossi interventi della commissione toponomastica (più alcuni altri piccoli), per esempio un nuovo quartiere con i nomi dei presidenti della Repubblica e altre periferie intestate ai vecchi sindaci di Maglie. Il grosso del paese, come lo conosciamo oggi, è stato fatto fino al 1987.

Nel ‘700 la piazza si chiamava piazza delle Puzze, per la presenza di vari pozzi artesiani: puzze era pozzi in dialetto locale arcaico. Panarese scrive che nel 1815 la piazza principale si chiamava… la Piazza. Nel 1890, aveva invece sicuramente il nome di piazza Municipio. Una piccola curiosità: il municipio magliese è stato il primo in Italia a essere nato con questo scopo, mentre precedentemente si ricorreva a edifici già esistenti, come ex case gentilizie per esempio. Sicuramente nel 1981 però la piazza iniziò a essere dedicata ad Aldo Moro.

Nei mesi che precedettero l’intitolazione non mancarono le ipotesi. Lo stesso De Donno dalle pagine di Tempo d’Oggi che tra l’altro dirigeva, suggeriva che, dato che a Francesca Capece erano (e sono!) intitolate una piazza e una via, la piazzetta Capece sarebbe potuta diventare piazza Moro, con il benestare di Oronzio De Donno iuniore che, essendo un busto, non si sarebbe certo lamentato. Tuttavia, Panarese scrisse anche:

Bene ha scritto chi ha affermato che la via è un fatto che passa, il nome è una memoria che resta: anche se può sembrare un paradosso, è di gran lunga preferibile che spariscano le vie, mai i loro nomi.

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In ogni caso quindi non è mai accaduto che a Francesca Capece sia intitolata la piazza principale, non è stata neppure un’ipotesi quando il 29 luglio 1900 – lo stesso giorno dell’assassinio di Umberto I – la statua fu inaugurata. La collocazione fu scelta poco tempo prima, come scrive lo storico Aldo De Jaco, per una questione simbolica dal consiglio comunale, su iniziativa del consigliere Paolo Tamborino. Inizialmente infatti la statua avrebbe dovuto essere collocata all’interno del palazzo Capece, la “casa di Francesca” che oggi ospita l’omonimo liceo, evoluzione di quella scuola pubblica che la benefattrice contribuì a creare.

La post-verità
In un libro che ho letto in questi giorni, si parla di come a volte delle bugie si fissino collettivamente nella memoria. Che Aldo Moro abbia “scippato” la piazza a Francesca Capece è un’enorme bugia. È anzi una post-verità, è qualcosa di cui alcune persone sono convinte e non si schiodano da questa convinzione. Eppure sarebbe giusto farlo per una ragione semplicissima: non solo si tratta di una sciocca polemica ai confini del campanilismo, ma ciò che Aldo Moro ha rappresentato per l’Italia intera non va dimenticato. Moro è stato un politico tanto geniale e innovatore, e purtroppo l’abbiamo perso in un modo talmente brutale che sarebbe ingiusto nei suoi confronti continuare una polemica.

Il mio consiglio? Leggere, leggere tanto. Tutti noi possiamo incappare nella propaganda. Perfino l’Eneide era un’opera di propaganda che Virgilio scrisse per Augusto (i romani finivano per vantare così una discendenza nobile e piena di cultura dal popolo greco). Ma se riusciamo ancora a confrontarci con le fonti, soprattutto quelle contenute nei libri, riusciremo anche a imparare a discernere quando sul Web troviamo qualcosa che tanto vero non è. Nel piccolo: per ogni magliese, i libri di Emilio Panarese sono fondamentali, come lo sono le poesie di De Donno, di Salvatore Toma, di Nestore Bandello. Sono loro alcuni dei nostri maiores, non dobbiamo scordarlo mai.

(Grazie a Roberto Panarese che ci ha gentilmente fornito il materiale fotografico relativo a Tempo d’Oggi per questo piccolo sunto. La foto in evidenza è invece mia, anche se so per certo che l’avete vista replicata ovunque).

UPDATE: Roberto Panarese ci ha scritto e ci ha fornito questa foto: è il prosieguo in sesta pagina dell’articolo di De Donno su Tempo d’Oggi. Con una poesia, tratta dal Travaso, che ha a che vedere con le statue. A proposito di post-verità e di memorie collettive false. Magari vengono proprio da qui.

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