I fiori del male è un inno alla vita e, al contempo, alla morte intesa come cambiamento attraverso la destrutturazione di tutto ciò che esiste.
di Paolo Merenda
Charles Baudelaire, con la sua carica onirica e immaginifica, ha segnato con la raccolta di poesie I fiori del male del 1857 un punto tra il prima e il dopo. Possiamo parlare di lui come una vera superstar della poesia, alla pari di Jerry Lee Lewis che, più che un pianista nel senso canonico del termine, è una rockstar.
Il libro che gli ha dato maggior fama è tra i più venduti della storia fin da quel lontano giugno 1857 in cui fu stampato per la prima volta, in 1300 copie. Nemmeno un mese e fu additato per oltraggio alla morale e offesa alla religione. Nel venir imposto all’autore di eliminare almeno le 6 poesie più indigeste, lui rispose nel 1861 sì con il taglio (solo molti anni dopo, all’ennesima ristampa, furono inserite di nuovo) ma vi aggiunse 35 ulteriori componimenti dello stesso tenore. Le sezioni in cui si articola sono sei: Spleen et ideal, Tableaux Parisiens, Le vin, Les Fleurs du mal, Révolte, e La mort.
Ne esce un viaggio allucinogeno nella psiche di Baudelaire e, per riflesso, in quella di una buona percentuale dei lettori dalla metà del 1800 ai giorni nostri. Ogni figura, anche la più semplice, è allegorica e ha diversi livelli di sottotesto una dentro l’altra, come una matrioska dark. La scuola dei poeti maledetti, da Paul Verlaine, Auguste Villiers de L’Isle-Adam (non molto prolifico ma ottimo in qualità), Arthur Rimbaud in poi, ha in Baudelaire un nome di assoluto spessore.
Ma chi è il Poeta, per l’autore della silloge I fiori del male? Il viaggio si apre con la sezione Spleen et ideal, che lo identifica: un uomo maledetto dalla società per le sensazioni che prova, che lo rendono diverso rispetto agli uomini comuni. Questa differenza lo deve portare, tappa dopo tappa, a La mort, ovvero morte e rinascita attraverso un cambiamento totale. Un male di vivere che si riscontra anche nell’italiano Giacomo Leopardi e in altri sottogeneri della poesia, segno che la fotografia fatta dal francese Baudelaire, esponente del 1800, è adatta ad altre epoche e altri nomi.
E non solo nel campo della poesia: come non associare il decadentismo, il nichilismo di Jack Kerouac espresso ad esempio in Sulla strada, ai versi di Baudelaire? Oltre alla vicinanza a livello artistico, c’è la ricerca del piacere attraverso sostanze stupefacenti, altro tema comune dei poeti maledetti, quelli del primo nucleo del diciannovesimo secolo.
Alla fine si giunge a una sola conclusione: sedersi e lasciarsi cullare, pagina dopo pagina, dai mille significati delle poesie di una pietra miliare della letteratura, I fiori del male.
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