Ho finito stanotte la stagione 4a della serie Stranger Things e mi sono accorta di alcune cose che avevo solo notato parzialmente in passato.

Negli ultimi anni leggo, per lavoro o per diletto, molta saggistica, come mai mi era capitato. Uno dei miei volumi preferiti è la trilogia illustrata di Matteo Marino sulle serie tv cult. In uno dei volumi, Daniel Cuello ha arricchito il capitolo su Mad Men con un momento chiave della serie ambientata nel mondo della pubblicità negli anni ’60: Don Draper sta mostrando la strategia per la campagna relativa a un proiettore di diapositive, dicendo «È una macchina del tempo». Credo che questa frase si adatti molto bene a Stranger Things, non sono per i pop-maniaci come me.

Se non avete finito di vedere la stagione 4a di Stranger Things, da questo momento smettete di leggere. E anche se non l’avete vista per niente questa serie, perché ora parlerò di alcuni dettagli che possono essere considerati spoiler. Anzi sono proprio spoiler.

Sebbene Stranger Things mi piaccia molto, non sono propriamente una fan. Sono una fan di The Handmaid’s Tale, di American Horror Story, di The Crown, per citare serie ancora “vive e vegete”, ma ho sempre avuto rispetto a Stranger Things uno spirito di attaccamento emotivo anziché di gradimento. Perché con Stranger Things la parola d’ordine è identificazione. Mi identifico nelle cose che hanno fatto parte della mia storia personale: la musica degli anni ’80, i pattini a rotelle che non erano ancora “in-linea”, una certa pubblicità della Levi’s, i film di John Hughes. Altri ci trovano altro. Come i fan di Stephen King, che naturalmente non possono non adorare questa serie, dato che prende a piene mani dall’immaginario del Re: ci troviamo Carrie, It, Il corpo, L’incendiaria e molto altro, oltre naturalmente al font del logo.

In questa quarta stagione di Stranger Things, per me che amo il cinema italiano (e in particolare Sydney Sibilia), c’è un volto conosciuto. Parlo di Tom Wlaschiha, che avevo visto nei panni di W.R. Neumann ne L’incredibile storia dell’Isola delle Rose. Ma se vi piace il cinema italiano, non avrete fatto a meno di notare che nell’Hellfire Club è presente Grant Goodman, l’ex bambino che chiedeva a Cheyenne di cantare This Must Be the Place degli Arcade Fire nel film di Paolo Sorrentino che prende il nome proprio da quella canzone.

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Poi chiaramente in questa quarta stagione di Stranger Things ci sono i rimandi più ovvi, a War Games, a Nightmare, e naturalmente a Freaks & Geeks: il personaggio di Eddie Munson è infatti modellato in qualche modo su quello di James Franco nella serie – soprattutto se ricordate l’ultima puntata.

Una questione a parte la merita la musica. Cercherò di essere meno spoilerosa possibile, ma è innegabile che Kate Bush stia dominando da venerdì tutte le bacheche social. L’ho già messa nella mia playlist di Spotify dedicata alle colonne sonore, insieme a un’altra della cantante, ovvero Cloudbusting che si ascolta proprio in The Handmaid’s Tale.

La musica in Stranger Things è una di quelle chiavi di identificazione importanti. Come una madeleine ti apre a un ricordo forse dell’infanzia. Non a caso prima citavo i film di John Hughes. Avete presente quella scena della terza stagione in cui tutti si preparano ad andare al finto funerale di Will Buyers e si sente Elegia dei New Order?

Se vi sembra una scena già vista, provate con questa.

Sì, è Bella in rosa e le due scene sono ovviamente diversissime (in realtà è tagliata per cui se non avete visto il film di Hughes non percepite il senso di attesa, una premonizione che il peggio sta per accadere, non il peggio tipo che è morto qualcuno ma immagino che un ragazzo che ti dà buca al prom sia comunque una tragedia), ma è impossibile non richiamarlo alla mente, per l’atmosfera triste, quasi irreparabile, che si respira in entrambi i segmenti.

Infine una piccola citazione più recente in Stranger Things 4 c’è, ed è proprio da Mad Men. Avete presente quando Murray rientra a casa dalla lezione di karate e si spoglia completamente nudo (ma il peperuolo è coperto come in un artificio alla Austin Powers)? Ecco, avete visto già Brett Gelman, l’attore che interpreta Murray nudo. Dove? Nella comune in cui Don Draper si rifugia nelle puntate finali di Mad Men: Gelman è uno scrittore nudista, uno dei personaggi minori di alto profilo della serie di Matthew Weiner.

E ho anche la vaga impressione che questi viaggi nel tempo abbiano in qualche modo a che fare con Dark.

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