Sviluppata tra il 2015 e il 2019, The Man in the High Castle è una serie televisiva che ha lasciato il segno nel pubblico.

di Paolo Merenda

A volte i temi più delicati, se trattati nel modo giusto, diventano il traino che porta una serie televisiva, o un film, al successo. Accade questo per The Man in the High Castle, serie tv prodotta da Amazon, sul cui catalogo PrimeVideo resta ancora oggi tra le maggiormente ricercate. Il modo distopico in cui tratta la fine della Seconda Guerra Mondiale e la vittoria della stessa da parte dell’asse nippo-tedesco è la base su cui si muove tutto.

Tratta da un romanzo del genio visionario di Philip K. Dick, dall’improbabile titolo italiano La svastica sul sole (ci torneremo), la serie narra delle vicende personali di due personaggi, l’Obergruppenführer Jonh Smith, gerarca nazista di nazionalità americana (interpretato dal britannico Rufus Sewell) e il capo della resistenza Juliana Crain (Aleza Davalos). Nell’arco delle quattro stagioni, e su più realtà alternative, i due si muovono su un rapporto di amicizia iniziale fino a una caccia all’uomo che si sviluppa nelle puntate finali. Attorno a loro, l’ispettore Kido (Joel de la Fuente), Nobusuke Tagomi (Cary-Hiroyuki Tagawa), uno dei maggiori viaggiatori tra mondi, Frank Frink (Rupert Evans) e molti altri.

Apprezzatissima (la prima stagione ha avuto una percentuale di approvazione del 95% su RottenTomatoes), The Man in the High Castle ha vinto diversi premi, tra cui quello per il miglior design di una sigla (e la sigla è davvero magnifica), ma soprattutto ha viaggiato sul passaparola tra i fan, il vero cuore della pubblicità nell’era social.

La distopia, ovvero la rappresentazione di un mondo basato su esperienze reali in cui si prefigura una realtà diversa, portando all’eccesso il presagio di elementi negativi, trova qui un ottimo modo per esprimersi, grazie come detto alla base scritta da Philip Dick, scrittore che è un maestro nel campo. Ma il tema del nazismo come base sociale su cui tutto si muove porta dei fantasmi con sé che fanno presa sul pubblico. Non a caso tra i personaggi reali ci sono Adolf Hitler e Heinrich Himmler, oltre a Eichmann, Mengele e altri che hanno ruoli minori nella serie tv. Ma per ogni dittatura c’è una resistenza, come altri prodotti televisivi insegnano, ad esempio The Handmaid’s Tale. E la resistenza, gli uomini e le donne che lottano al buio giorno dopo giorno, è la vera chiave di volta. Su tutti, l’uomo nell’alto castello, una figura misteriosa che fa girare stranissimi video, in cui la Germania nazista ha invece perso la Seconda Guerra Mondiale (bella l’idea di prendere veri filmati storici per i video). Possono esistere altre realtà in cui, quindi, ha vinto l’asse americano, e si può sfruttare per far vincere in tutte le realtà possibili la Germania?

Annunci

Il clima di tensione che si respira, e che diventa nel corso delle quattro stagioni sempre più tangibile e diffuso, cattura lo spettatore, per arrivare al finale, netto e deciso. In questo, mi ha ricordato Dark, perché come nella serie tedesca, il suo ideatore Frank Spotniz ha dato una fine netta e tangibile, a discapito di storie lasciate aperte in caso di rinnovo all’ennesima stagione, pur di far soldi. Tra l’altro, se il nome di Frank Spotniz non vi è nuovo, è perché lui ha creato anche X-Files, una delle tre serie tv di maggiore successo della storia.

Una curiosità sul libro, La svastica sul sole, di Philip K. Dick, va scritta in chiusura. Il titolo in lingua originale, come detto, è lo stesso del telefilm. Ebbene, a seguito della trasposizione sullo schermo, il libro è stato messo in commercio col nome inglese, dopo anni e anni di titolo, incisivo sì, ma del tutto diverso dall’idea originaria dell’autore. La stessa sorte toccò a Shining di Stephen King, uscito nella prima edizione col titolo italiano Una splendida festa di morte. Lì ci pensò il film di Stanley Kubrick a far cambiare il titolo.

Acquista La svastica sul sole su Amazon

Seconda curiosità su Philip Dick: quanti suoi libri avete letto? Non preoccupatevi se la risposta è nessuno, lo conoscete benissimo, non solo per il nome. Tra le trasposizioni cinematografiche dei suoi romanzi, oltre a The Man in the High Castle, figurano Atto di forza con Arnold Scharzenegger, Minority Report di Steven Spielberg con Tom Cruise, ma anche Next e l’iconico Blade Runner. Una bella eredità, insomma.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: