Piccole considerazioni dopo la fine della quarta e ultima stagione de Le terrificanti avventure di Sabrina. (Il post contiene spoiler, non aprite se non siete in pari con la visione).

Sapete come si dice in questi casi?

The wind began to switch, the house to pitch, and suddenly the hinges started to unhitch.
Just then the witch, to satisfy an itch went flying on her broomstick thumbing for a hitch.
And oh what happen’d was rich.
The house began to pitch, the kitchen took a slitch, it landed on the wicked witch in the middle of a ditch.
Which was not a healthy situation for a wicked witch.
The house began to pitch, the kitchen took a slitch, it landed on the wicked witch in the middle of a ditch.
Which was not a healthy situation for a wicked witch who began to twitch
And was reduced to just a stitch of what was once the wicked witch.

Con mio grande rammarico, non ci sarà una quinta stagione per Le terrificanti avventure di Sabina. Non conosco la ragione della cancellazione, se abbia influito come per altre serie tv la pandemia di coronavirus, so che la serie mi piaceva molto, anche se a volte dovevo cercare di sorvolare sulle improvvise e talvolta fuori luogo “improvvisazioni” canore (ma questo lo approfondiremo più avanti). Pare che gli sceneggiatori avevano pensato, per la quinta stagione, a una puntata crossover con Riverdale, che purtroppo a questo punto non vedremo mai.

«She saves the world a lot»
Le terrificanti avventure di Sabrina è un’opera ampiamente derivativa, e non per il motivo che sarebbe facile immaginare: la serie è liberamente ispirata, come recitano pure i titoli di testa, a Sabrina, the Teenage Witch un fumetto della Archie Comics, che aveva già dato vita, a cavallo tra gli anni ’90 e i primi 2000 a una sit com con Melissa Joan Hart, giovane attrice già molto celebre per la serie Clarissa Explains It All.

Le terrificanti avventure di Sabrina puntava quindi all’effetto nostalgia. Non della sit com Sabrina vita da strega, ma di qualcos’altro. Negli stessi anni in cui la sit com andava infatti in onda, c’era una serie sulle streghe che aveva inevitabilmente catturato la fantasia di noi adolescenti. Ovviamente mi riferisco a Buffy l’Ammazzavampiri. Che non parlava di streghe, o meglio parlava di una strega molto speciale e molto importante nella storia del femminismo: Willow. 

Quindi Le terrificanti avventure di Sabrina nasceva anche con l’intento di soddisfare gli «orfani di Willow», cioè tutti i trenta-quarantenni che ne sentivano la mancanza sullo schermo. Sabrina però ha fallito l’analoga missione che invece per Riverdale ha funzionato eccome. Se Riverdale ha cercato di intercettare i quarantenni cinefili (facendo centro grazie all’ispirazione fornita da un signore chiamato David Lynch e una serie di vecchie glorie di cinema e tv), Sabrina non è riuscita probabilmente a coinvolgere il medesimo pubblico. Dico probabilmente perché posso solo ipotizzare: Netflix non fornisce quasi mai dati sugli ascolti e soprattutto sul target di pubblico.

Pur avendo molto a che fare con il femminismo, Sabrina però non riesce a diventare un’icona di Willow, fatta di insicurezze prima, di intelligenza, di passione e di immenso dolore. Le pupille dilatate di Sabrina non sono le pupille di Willow che scuoia Warren nel bosco, come una novella Apollo alle prese con Marsia. Per cui i concetti femministi sono accarezzati da Sabrina ma restano solo meri slogan, con un grande scivolone nell’ultima stagione: mi ha fatto molta impressione il parto collettivo di Lilith, perché mi ha ricordato la pantomima del parto delle Signore in The Handmaid’s Tale. Questo non significa però che Le terrificanti avventure di Sabrina non sia stata un’ottima serie che meritava di proseguire. Per una varietà di ragioni.

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Il menestrello Charlie Manson
Una delle ragioni per cui Sabrina doveva essere salvata, dopo che come Buffy ha salvato il mondo un sacco di volte, è nella colonna sonora. Certo, queste serie tratte da Archie Comics (sì, ci infilo anche la mia adorata Riverdale), seguono più o meno un format che rasenta il musical. Ma mentre nei musical le canzoni sono sempre funzionali a una storia, per Sabrina è stato un po’ diverso, con alcune eccezioni decisamente felici. Una è questa.

L’avete riconosciuta? Nella prima stagione, quando Sabrina si unisce al coro dell’Accademia delle Scienze Occulte, le viene chiesto di provare a cantare una canzone. Si tratta di I’ll Never Say Never to Always. Forse la ricordate, se avete visto C’era una volta a Hollywood. È lo stesso brano che Quentin Tarantino ha messo in bocca alle giovani della Manson’s Family durante la loro ricerca di cibo nella spazzatura, una delle scene più emblematiche di quel film grandioso e commovente in cui Tarantino ha deciso di salvare Sharon Tate. Comunque il brano è stato scritto (e anche in questo Sabrina è stata curata nei minimi dettagli) da Charles Manson, che secondo un articolo di Vice sarebbe stato un anticipatore di una serie di tendenze musicali contemporanee. La storia ci ha raccontato però ben altra orrenda storia su Manson.

Comunque parlavo anche di canzoni alla rinfusa. Tra i brani che fanno parte della colonna sonora de Le terrificanti avventure di Sabrina, ci sono dei brani grandiosi che cadono a pennello con la scena di riferimento, come Dancing with Myself di Billy Idol, e altre meno calzanti, sebbene a qualcuna possiamo attribuire un certo simbolismo.

Nella quarta stagione Harvey, Roz, Theo e Robin fanno una gara di rock alle porte dell’inferno, scegliendo come brano questo, che come tutti sanno viene dal musical Rocky Horror Picture Show. La canzone viene scelta da Theo, interpretat* da Lachlan Watson, che, esattamente come il suo personaggio, ha fatto nella vita il proprio coming out sull’identità di genere, rendendo noto di riconoscersi come non binario. Difficile non pensare a quell’opera straordinaria che a ogni nostra visione ci trasporta a Transsexual, Transylvania. 

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Uccidi la cheerleader, salva il mondo
Sabrina muore alla fine della quarta stagione. Un finale davvero lacrimogeno se l’avete amata quanto l’ho amata io insieme alla sua interprete, Kiernan Shipka, che era stata precedentemente Sally Draper in Mad Men. Il funerale di Sabrina è straziante anche perché è in realtà il funerale della serie: non ci sono estremi perché la storia vada avanti. Sabrina ha salvato il mondo, Blackwood non è “ricomponibile”, fatto a pezzi da Prudence come in Texas Chainsaw Massacre, mentre i tre uomini di Sabrina (il cugino Ambrose, il fidanzato Nick e l’ex e grande amico Harvey) pensano a salvare coloro che lei amava e i loro cari vittime del Vuoto, l’ultimo dei grandi Orrori evocati da Blackwood. Perfino Lilith, ormai diventata regina degli Inferi, presenzia al funerale di Sabrina, o meglio delle due Sabrine, dato che si era sdoppiata alla fine della terza stagione grazie a un bizzarro paradosso temporale per cui aveva dovuto salvare Greendale dai pagani.

Comunque è fantastico vedere come Sabrina riesca a salvare il mondo con abiti non propriamente comodi. Tra minigonne che sembrano francobolli, pantaloni attillati, Mary Jane e colletti di pizzo bon ton, Sabrina è riuscita anche a intercettare delle tendenze di stile tra le giovanissime, o forse addirittura a ridefinirle.

Lo show di un Truman postmoderno
Le terrificanti avventure di Sabrina ci serve una presa in giro che non dimenticheremo facilmente. È davvero difficile non cogliere il significato metaforico degli ultimi due episodi. Sabrina fa il suo ingresso nel Vuoto, portando con sé il Vaso di Pandora, svuotato dai Mali del mondo e da riempire appunto col Vuoto. Il Vuoto sembra un po’ come i confini del mondo di Truman Show (anche se la scenografia è incredibilmente postmoderna, a metà strada tra quei lavoretti sui pianeti che gli studenti fanno nelle scuole statunitensi e quelle scritte che vanno lette in prospettiva). E in effetti è quello che è Sabrina, uno show televisivo, anche se non un reality al limite della decenza etica, ma semplicemente una bella serie tv che da ieri abbiamo perduto per sempre. 

A seguito di un complesso “magheggio”, l’anima di Sabrina torna in vita in un corpo uguale al suo, ma finisce per mandare nel vuoto le cose e le persone che tocca o con cui viene a contatto. E io credo che questa sia appunto una ricca metafora con cui viene raccontato il modo in cui le storie che amiamo ci scivolano via dalle dita. Che sia Sabrina o I’m Not Okay with This cambia poco. Netflix resta la nostra croce (quando ci cancella le serie) e la nostra delizia (quando ce le rinnova). Ma alla fine della giostra non conosco nessuno che abbia mai disdetto l’abbonamento.

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