Sylvester Stallone ha interpretato molti ruoli iconici, ma Rocky Balboa, John Rambo e Barney Ross de I mercenari restano i migliori. Il reduce del Vietnam è forse il suo ruolo più complesso.
di Paolo Merenda
A cavallo tra gli anni ‘70 e ’80, Sylvester Stallone ha raccolto i migliori successi: è del 1976 il primo Rocky, arrivato al terzo film nel 1982. Proprio il 1982 è lo stesso anno di un altro celebre inizio, targato Rambo, il soldato reduce dalla guerra in Vietnam la cui vita non ha mai smesso di essere una lotta.
Con un secondo e un terzo capitolo nel 1985 (Rambo 2 – La vendetta) e 1988 (Rambo III), solo negli anni ‘80 conta tre pellicole, con il franchise poi arrivato a cinque grazie a John Rambo del 2008 e Rambo: Last Blood del 2019.
La saga di Rambo prende le orme da un libro di David Morrell, First Blood, che è anche il titolo originale in America, poi diventato Rambo: First Blood, o semplicemente Rambo in molte nazioni, tra cui l’Italia. Sulla scia di Rocky, la cui sceneggiatura è dello stesso Stallone, i due sceneggiatori Michael Kozoll e William Sackheim hanno lavorato fianco a fianco con l’attore italo-americano per cambiare in parte le caratteristiche del protagonista, compreso il finale, che nel libro lo vedeva ucciso dal colonnello Trautman (Richard Crenna).
Interessante la chiave di lettura del rovesciamento dei ruoli, con il berretto verde che mette a ferro e fuoco la cittadina di Hope, dove era andato per cercare un commilitone che scopre essere morto per le conseguenze della guerra in Vietnam, che è il buono contro il cattivo sceriffo Will Teasle (Brian Dennehy) il quale nel nome del mantenimento dell’ordine innesca la bomba mai sopita nell’animo di John Rambo. Tra l’altro, spazio curiosità: in un piccolo ruolo, quello di Mitch Rogers, compare David Caruso, che il grande pubblico conosce come Horatio Caine, protagonista di Csi: Miami.
Rambo è anche e soprattutto però un film di riscatto. Dopo la guerra in Vietnam, un conflitto che non fu certo ben visto dall’opinione pubblica, i reduci furono trattati come negletti ed emarginati. E lo furono per una ragione molto particolare: erano testimoni oculari di un orrore, lo stesso orrore per cui gli Stati Uniti, come l’Antica Roma del passato, continuano a portare la guerra in altri Paesi, senza che nessuno intacchi il loro territorio (solo una volta si annovera l’attacco agli Usa, cioè con Pearl Harbor). E in quanto testimoni oculari i reduci erano pericolosi, ideologicamente parlando, oltre che fisicamente: molti soffrivano di disturbo post-traumatico da stress ed erano violenti e naturalmente irrazionali.
RottenTomatoes ha premiato, negli ultimi 40 anni, con un buon 85% il lavoro del regista Ted Kotcheff, ma il gioco del what if si presta sul ruolo del protagonista: sarebbe stato un film altrettanto iconico se non fosse stato Sylvester Stallone ma uno dei tanti nomi presi in esame, come Robert De Niro, Clint Eastwood, Al Pacino, Paul Newman, Nick Nolte, Michael Douglas e perfino il nostro Terence Hill, che addirittura rifiutò la parte non ritenendola nelle sue corde?
Ovviamente non lo sapremo mai, mentre sappiamo come è proseguita la saga con il secondo e il terzo film: due missioni in zone di guerra per liberare dei prigionieri, addirittura con il ritorno in Vietnam nel secondo lavoro, grazie alla regia di George Pan Cosmatos e la sceneggiatura di James Cameron (lo stesso del successo per antonomasia Titanic e di Terminator, su cui torneremo tra poco) e di nuovo di Stallone. Quest’ultimo, che fino ad adesso ha lavorato alla sceneggiatura di tutti e cinque i film, viene diretto da Peter MacDonald per Rambo III.
Il franchise di Rambo, come Rocky, Die Hard, Terminator e Arma letale, tra i maggiori marchi di azione degli anni ‘80 arrivati ai giorni nostri, ha subìto l’effetto “usato sicuro” ovvero la poca voglia di osare dei produttori, richiamando idee storiche per premere sul tasto della nostalgia. Ho già detto quando sono usciti i film di Rambo, con il terzo, 1988, e il quarto, 2018, distanti 20 anni. Die Hard non arriva a tanto: tra il terzo, 1995, e il quarto, 2007, passano 12 anni. Terminator 2 esce nel 1991, il terzo nel 2003, ma qui il discorso comprende anche la presenza di Arnold Schwarzenegger nelle pellicole: nel quarto capitolo manca, con Christian Bale a fare da protagonista, e Schwarzenegger torna nel quinto del 2015, di nuovo a 12 anni dall’ultima apparizione nel franchise, risalente al terzo capitolo. Infine, se il viaggio di Danny Glover e Mel Gibson con Arma letale si conclude nel 1998, con il quarto e ultimo film, nel 2016, 18 anni dopo, la Fox ha comunque lanciato una serie tv basata sul marchio, seppur non con gli stessi attori.
20, 12, 18 anni dopo, ma tutti loro sono tornati sullo schermo. Mancanza di coraggio e forse nuove idee, certo, ma cos’altro? A mio avviso puntare sulla nostalgia di chi negli anni ‘80 era un ragazzino che ha atteso l’uscita delle pietre miliari del cinema d’azione, alla lunga, ha dato i suoi frutti. Tutti quelli che sono cresciuti con Rambo lo rivedrebbero anche in Rambo 6, non c’è dubbio. Forse con uno spirito critico che nel 1982 mancava, quando c’era soltanto adorazione per l’eroe umano, troppo umano e fragile, ma al contempo indistruttibile. O forse per quelle due ore si tornerebbe semplicemente a essere bambini che si identificano nell’eroe palestrato con una gigantesca mitragliatrice.