I borghi medievali in Italia abbondano. Uno di questi, dalla storia più particolare, è Civita di Bagnoregio.
di Paolo Merenda
Molti luoghi che richiamano, a vario modo, i turisti, hanno una sorta di nickname che li contraddistingue. Dei posti di cui abbiamo già parlato su questo sito c’è Ischia, l’isola verde, Ostuni, la città bianca, e appunto Civita di Bagnoregio, la cui sorte sembra scritta: è conosciuta difatti come “la città che muore”.
Il nomignolo, peraltro coniato dallo scrittore Bonaventura Tecchi che vi passò lì molto tempo, non è legato solo alla desertificazione a cui va incontro ormai da decenni, ma al fenomeno dell’erosione rocciosa. Basti pensare che solo negli ultimi 500 anni ha perso il 20-25% del suolo e che secondo una stima continua a perdere 7 centimetri l’anno, data la posizione, spettacolare certo, ma anche traballante in cui si trova. Ma facciamo un passo indietro.
Civita di Bagnoregio è un borgo risalente a 2500 anni fa, a poca distanza da Viterbo ma anche Bomarzo, e fu fondato dagli Etruschi come postazione difensiva. Fa parte della attualmente non popolosa città di Bagnoregio (3500 abitanti circa) ma come roccaforte in sé era validissima, tanto da essere sede vescovile da secoli e avere all’interno un piccolo ecosistema, ormai perduto, che permetteva di resistere a lunghi assedi. Già gli etruschi capirono che la roccia di tufo sulla quale eressero Civita era troppo friabile, e quindi loro prima e i Romani poi fecero dei lavori per drenare l’acqua che nonostante tutto ha formato i caratteristici calanchi, un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno, dovuto appunto all’acqua che si incunea nella roccia morbida.
Qualunque sia il suo destino, la storia di Civita di Bagnoregio merita di essere raccontata: vi si accede lungo un ponte di 300 metri, pagando un biglietto d’ingresso dal costo contenuto. Viene visitato da centinaia di migliaia di turisti all’anno, che possono ammirare anche i 10 abitanti che ancora vivono a Civita e che non si sono spostati come tutti gli altri quantomeno nel centro di Bagnoregio, poco prima dello stesso ponte.
Quando ci sono stato ho notato, già avvicinandomi, che il turista viene coccolato e vezzeggiato per tutto il tempo: poco prima del ponte gli ultimi baretti, con una vista mozzafiato su Civita e i calanchi circostanti. Da visitare anche se non vi va di muovervi, solo per prendere una bevanda rinfrescante all’ombra del bar, chiacchierare, fumare una sigaretta, leggere qualche pagina di un libro, in poche parole rilassarsi un po’.
Se poi siete appassionati di borghi storici come me, proseguite lungo il ponte, superate l’imponente porta con i due leoni che vi danno un minaccioso benvenuto e immergetevi nel borgo medievale: un giro va fatto in piazza San Donato. Quanta storia è passata da questa piccola piazza, con la chiesa omonima risalente al quinto secolo, il palazzo comunale Civita.

E chissà quante volte ci sarà passato Bonaventura da Bagnoregio, affascinante figura vissuta nel 1200, cardinale, filosofo e teologo. Visse appunto a Civita ed ebbe l’intuizione di trovare un punto d’accordo tra scienza e fede, dicendo che l’anima conosce Dio e se stessa senza l’aiuto di sensi esterni. Il suo lavoro lo portò anche a diventare Dottore della Chiesa. Ma ancora più particolare la sorte dei suoi resti, che a mio avviso potrebbero aver ispirato una puntata dei Simpson sul fondatore della città, Jebediah Springfield e la lingua d’argento. Seppellito a Lione alla sua morte, nel 1274, rimase fino al 1450 circa, quando la tomba fu aperta. La lingua era intatta, a differenza del resto del corpo, dopo due secoli. Le ossa di un braccio vennero portate a Civita di Bagnoregio in una teca d’argento, il cosiddetto santo braccio, e paradossalmente sono adesso la reliquia più grande, perché il resto è stato razziato dopo un’incursione del 1562 da parte degli Ugonotti.
Se non vi interessa la storia della chiesa, potete comunque visitare Civita di Bagnoregio da cinefili: I due colonnelli (1963) con Totò, Questione di Karma (2017) con Elio Germano e Fabio De Luigi, Puoi baciare lo sposo (2018), film a tematica lgbtqai* con Diego Abatantuono ed Enzo Miccio (nel ruolo di se stesso) sono solo alcuni dei film girati nelle graziose stradine medievali.